Cocaina della camorra: scattano cinque arresti

Blitz dei carabinieri: 19 indagati accusati di spaccio e favoreggiamento Ai domiciliari il titolare del bar Florida. Coinvolti anche gestori di locali

L’AQUILA. I carabinieri hanno stroncato un flusso di droga che partiva dalla Campania e arrivava all’Aquila dove era smerciata da spacciatori al dettaglio che talvolta facevano capo ad alcuni locali della città. Sono cinque le persone arrestate e 19 gli indagati tra cui anche persone che sembravano insospettabili. Dopo avere neutralizzato i rifornimenti di stupefacente proveniente dalla Calabria, dopo avere inibito il traffico proveniente dall’estero, in particolare dal Centro America, l’attività dei carabinieri si è dunque concentrata sulla droga proveniente dalla Campania. L’indagine, condotta dai militari dell’aliquota operativa della Compagnia dell’Aquila, coordinati dal capitano Federica De Leonardis, si è imbattuta in un aspetto allarmante: a curare il trasferimento della droga erano tre campani, ben radicati nell’ambiente aquilano di cui due ritenuti gravitanti nell’area del clan camorristico «Vinella-Grassi», operante a Napoli nel quartiere 167.

Il gruppo gestiva l’intera filiera dell’illecito commercio, a partire dall’acquisto a Somma Vesuviana e Sant’Anastasia, fino alla vendita al dettaglio dello stupefacente, curandone il trasporto, la detenzione e la manipolazione. Disposto il carcere per Eduardo Romano (ancora irreperibile) e Antonio Romano, entrambi residenti in Campania e Salvatore Mauriello, di Pomigliano, ma residente all’Aquila, in via Lussemburgo 31, a Pettino.

Ai domiciliari sono finiti Giuseppe Giuliani, aquilano, titolare del bar Florida in piazza Duomo, e il napoletano Angelo Naindenel, residente a Scoppito, i quali sono accusati di associazione per delinquere a fini di spaccio. Una volta giunti all’Aquila, i sospettati potevano contare su diverse basi logistiche per custodire lo stupefacente: in primo luogo le proprie abitazioni, prese in locazione, ma anche alcuni locali della Sial (Servizi Igiene Ambientale L’Aquila di via Saragat a Pile, ditta risultata estranea ai fatti) e dei quali avevano la disponibilità. L’organizzazione poteva addirittura contare su di un «servizio di manutenzione» dei propri veicoli che venivano fatti verificare da un complice dell’organizzazione, meccanico di professione, che curava il controllo delle autovetture per accertarsi che non fossero stati installati sistemi di controllo.

Il trio poteva inoltre contare su una serie di soggetti locali che acquistavano quantitativi più elevati per cederli a loro volta a clienti fissi, ben conosciuti. Venditori e clienti si conoscevano bene e il fatto di evitare contatti con soggetti nuovi dava all’organizzazione l’idea di essere ben protetta. Questa convinzione, bisogna dire che era in parte fondata, basti pensare che tra i clienti ben dieci risultano indagati con l’accusa di favoreggiamento per aver aiutato gli indagati a eludere le investigazioni dei carabinieri negando ai militari di aver acquistato sostanza stupefacente e riferendo di avere con loro solo rapporti di lavoro o di amicizia. Un tentativo vano a fronte delle investigazioni degli inquirenti che, coordinati dal pm Fabio Picuti, nel periodo che va dall’ottobre 2012 all’agosto 2013, hanno documentato l’attività di cessione di cocaina e hascisc, in maniera scrupolosa, suffragando le intuizioni investigative con una pluralità di fonti di prova, che vanno ben oltre le normali attività tecniche; comprendono accertamenti e acquisizioni documentali, servizi di osservazione, controllo e pedinamento (alcuni dei quali corroborati da riprese fotografiche o video), sequestri di droga, controllo e identificazione dei clienti, perquisizioni personali e veicolari.

Ne è scaturito un quadro investigativo nel quale sono state individuate le principali piazze dello spaccio locale, per lo più luoghi di passaggio, in vari punti della città, ma anche aree commerciali molto frequentate e tali da garantire un sostanziale anonimato nella confusione globale, ma anche bar e locali piuttosto noti, anche in ragione della natura di alcuni clienti. Uno di questi, l’avvocato Giuseppe Di Ramio, sentito dai carabinieri in ordine alle proprie frequentazioni, dopo avere ammesso l’acquisto di stupefacente dagli indagati, ha offerto ai militari 5mila euro chiedendo di distruggere il verbale, facendo sì che il suo nominativo non comparisse più nell’indagine. Di Ramio ora dovrà comparire ogni giorno alle 10 e alle 15 alla polizia giudiziaria per l’obbligo di presentazione. Tra gli indagati anche il commercialista Luigi Parravano, il titolare di un ristorante Massimo Onofri, Gianluca Selli cogestore di un bar. Luoghi dello spaccio erano Pile, Pianola, Pizzoli, Scoppito, Pettino, 99 Cannelle, zona «Casermette», via Mausonia, Sassa.

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