Colpi bassi della difesa Le famiglie protestano

L’avvocato Melandri: «Non giochiamo con le parole e con i vostri morti» Il Pg Como: «Sentenza sbeffeggiata, scienziati da condannare». Verdetto il 10

L’AQUILA. Se questo della Corte d’Appello fosse un ring di pugilato, allora sì che quella frase buttata lì alla sesta ora della quinta udienza meriterebbe un richiamo dell’arbitro. Colpo basso. Sotto la cintola. Lo sferra, scatenando la protesta delle parti civili – alcune delle quali manifestano apertamente il loro dissenso al diretto interessato nel lasciare l’aula – l’avvocato Marcello Melandri, difensore di fiducia dell’imputato Enzo Boschi. Il legale prima accusa gli avvocati di parte civile di «leggere le frasi a metà», poi affonda: «Non ci dite cos’ha commesso la commissione... non giochiamo con le parole, e con i vostri morti». Una frase del genere fa davvero a pugni sia col contesto sia perché pronunciata proprio il 31 ottobre, nel dodicesimo anniversario del terremoto di San Giuliano di Puglia che costò la vita a 27 bambini e alla loro insegnante.

I MASSIMI SISTEMI. Il procuratore generale Romolo Como, nella sua replica, prima censura chi ha «sbeffeggiato la sentenza di primo grado con termini inaccettabili», poi invita a un maggiore fair play gli avvocati dello Stato («parliamo di un organo dell’amministrazione pubblica, in questa sede a noi contrapposto ma forse sarebbe bene avere un po’ più di pacatezza e un po’ più di distacco»). E ancora: «Si fanno previsioni sul fatto che la sentenza non reggerebbe il vaglio di legittimità della Cassazione, dunque si fanno previsioni dell’evento che non si sono fatte per il caso che discutiamo e ce le mettiamo a fare adesso?». Quindi esemplifica all’osso il senso di questo processo. «Qui possiamo parlare dei massimi sistemi dell’universo e anche del sesso degli angeli. Ho sentito dotte citazioni, sentenze storiche, ma il punto è questo: quanto al nesso di causalità va analizzato in concreto il comportamento derivato. Non stiamo parlando di nessuna induzione», dice il Pg. «Si tratta di vedere, sulla base concreta e sotto il profilo probatorio, se c’è stato un collegamento tra quello che tutti hanno percepito di questa riunione e il comportamento delle persone che, come assumono i testimoni, hanno avuto un atteggiamento più rilassato nei confronti del terremoto convinti che il rischio fosse notevolmente più basso di quello che era realmente. Bisogna analizzare con verifica severa i riferimenti testimoniali, ma qui non è questione di leggi scientifiche e di regola universale di esperienza. Bisogna valutare il comportamento concreto. Abbiamo dunque la prova che le persone prima si comportavano in un certo modo e dopo in un altro e che hanno detto di averlo fatto dopo aver sentito il risultato di questa riunione? È questo che c’interessa. Senza scomodare altro. Il discorso è di una logica elementare: tanto più ci si può fidare di una determinata informazione quanto più è autorevole la fonte, che c’è bisogno di un sociologo per dire questo?», chiosa il procuratore in 36’ di replica. Non prima di aver detto che «se la sentenza di primo grado ha una colpa è stata quella di voler analizzare troppo a fondo alcuni profili giuridici».

IBIS REDIBIS. Per affermare che il responso di quella riunione del 31 marzo fu quantomeno sibillino, l’avvocato Attilio Cecchini pesca dal suo ricco bagaglio una citazione che incanta la platea: «Ibis redibis non morieris in bello» («andrai, tornerai, non morirai in guerra»). È la frase latina attribuita al responso della Sibilla a un soldato che chiedeva lumi sull’esito della sua missione. Ma se si sposta una virgola il senso della frase è stravolto. Ottima metafora per un processo come questo. Poi il decano del Foro dell’Aquila declama: «L’atteggiamento errato, azzardato e temerario della commissione ha disarmato la gente. Dovete essere consapevoli di questo. Agli esperti della commissione si rimproverano cose semplici: omisero di valutare la gravità di quanto stava avvenendo da mesi».

UNA CAREZZA IN UN PUGNO. Non solo asprezze, ma anche gesti di distensione in aula dopo il duro scontro. Così la carezza di Boschi sul volto di Vincenzo Vittorini a udienza finita. Sciamano gli imputati, alcuni dei quali in aula con mogli e figli. Selvaggi sospira: «Oggi è andata meglio». Il 10 il verdetto.

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