«Con questa proprietà noi sempre in bilico»

Voci dal presidio davanti allo stabilimento, dagli anni d’oro del gruppo Faroni alla crisi attuale

CANISTRO. Quando la Santa Croce era in mano al gruppo Faroni si contavano quasi 100 dipendenti. L’azienda era fiorente e tutti avevano imparato a bere quell’acqua perfetta per far abbassare la pressione e per curare altre patologie. Negli anni, però, il numero dei lavoratori invece di crescere è andato via via diminuendo e oggi nell’azienda che imbottiglia l’acqua della Sponga si contano solo 75 operai. Hanno in media 50 anni, la maggior parte sono sposati con figli. C’è chi ha il mutuo da pagare, chi le rate delle macchina, chi invece le tasse universitarie dei ragazzi. Vanno avanti attingendo dai risparmi di famiglia, ma non sanno fino a quando ce la faranno. È dura lavorare a singhiozzo come hanno fatto loro negli ultimi anni. Ancora più difficile è alzarsi la mattina sapendo che da un momento all’altro il lavoro potrebbe non esserci più.

«Da quando è arrivato Colella c’è sempre stata la cassa integrazione», spiega Maurizio Bisegna, fisso nel presidio di Canistro insieme con i colleghi, «siamo sempre stati sul filo del rasoio. Al lavoro c’erano 20, 22 persone al massimo, a volte anche meno. Doveva essere applicata una rotazione che, di fatto, non c’è mai stata. Siamo andati avanti per anni così, senza certezze, e oggi siamo arrivati a questo punto». Mentre il dipendente della Santa Croce racconta quello che sta vivendo sulla sua pelle gli si radunano intorno colleghi e residenti che scuotono la testa in segno di rassegnazione. Ognuno dice la sua, ognuno racconta un episodio vissuto in quello stabilimento che rappresenta il polmone economico del paese. La maggior parte dei dipendenti dell’azienda abita a Canistro o negli altri paesi della Valle Roveto e si conoscono tutti tra loro. Gioie e dolori vengono condivisi e ora anche le difficoltà economiche che ognuno sta vivendo. «Noi rimaniamo qui fino all’ultimo respiro», precisa Giovanni Di Biagio mentre guarda gli altri colleghi. «È l’unico modo che abbiamo per difendere i nostri diritti. Io, durante l’assemblea di giovedì, non volevo votare a favore dell’accordo, ma poi, alla fine, ho accettato. Doveva essere cosa fatta e invece poi Colella non ha accettato. Ma come si fa ad andare avanti così? Il 24 scade la procedura di mobilità e non sappiamo nulla di ciò che ci aspetta». (e.b.)

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