Crollo della casa dello studente all'Aquila "Dietro la tragedia carte non lette"

I giudici d'appello: "Ignorata l’inadeguatezza sismica del palazzo imploso in occasione della ristrutturazione fatta dagli imputati"

L’AQUILA. Gli imputati Domenico Bernardino Pace, Pietro Centofanti, Tancredi Rossicone che all’inizio del 2000 ristrutturarono la Casa dello studente,avrebbero dovuto valutare, in quanto tecnici, l’adeguatezza statica e dinamica di tutte le strutture dell’edificio poi crollato. Pietro Sebastiani, funzionario Adsu e collaudatore, non si sarebbe dovuto limitare al dato formale ma avrebbe dovuto controllare l’operato di coloro che avevano realizzato le opere visto che si trattava di una ristrutturazione vera e propria: ci si sarebbe resi conto quanto il palazzo, già realizzato con gravissime lacune negli anni Sessanta, fosse a rischio crollo. Queste, in sintesi, le motivazioni con le quali i giudici di Corte d’Appello hanno confermato le condanne di primo grado inflitte agli imputati per omicidio colposo plurimo e disastro colposo per uno dei processi simbolo del post-sisma. Nella tragedia morirono otto ragazzi e molti altri restarono feriti gravemente.

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In primo e in secondo grado i tre tecnici sono stati condannati a quattro anni di carcere e Sebastiani a due anni e mezzo. Per i tecnici le contestazioni sono quasi del tutto per comportamenti omissivi. Secondo i giudici di appello (Luigi Catelli, Luigi Cirillo, Maria Gabriella Tascone) «non è qualificabile come risanamento conservativo l’intervento che apporta elementi aggiuntivi alla originaria struttura come in questo caso. Gli interventi che alterano l’originaria consistenza fisica di un immobile e comportano l’inserimento di nuovi impianti... rientrano nell’ambito della ristrutturazione». «Anche il capitolato», si legge ancora nella motivazione, «presupponeva che fossero eseguite su disposizione della Direzione dei lavori verifiche sulla staticità dell’immobile sulla scorta di un notevole incremento dei carichi». Le ragioni del crollo dell’edificio stanno nel cedimento dei pilastri del piano terra per via dell’insufficiente resistenza delle strutture dell’edificio per quanto attiene alla forze sismiche in direzione nord ma questo è attribuibile al progetto originario del 1965.

L’unica contestazione commissiva agli imputati riguarda la realizzazione della parete Rei ovvero resistente al fuoco. «L’inserimento della parete Rei», dicono i giudici citando la perizia, «ha influenzato il regime statico dell’edificio e le conseguenze del crollo. Appare corretta la conclusione del perito in merito all’incidenza causale della parete Rei nell’edificio senza una preventiva verifica statica. Rimane il dato obiettivo costituito dalle modalità del crollo che ha interessato solo l’ala dell’edificio nella quale era stata realizzata quella parete. Le ali adiacenti, interessate dal medesimo fenomeno tellurico, hanno reagito in modo diverso. Il perito ha verificato che i ragazzi deceduti occupavano proprio le camere che più hanno risentito dell’anomala torsione dell’ala nord».

«Le condanne degli imputati», commenta l’avvocato Wania Della Vigna, che rappresenta 22 famiglie, ha dimostrato che gli studenti non sono vittime del terremoto, che non fu evento eccezionale, ma di negligenza e superficialità».

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