Crollo in via XX Settembre 79: «Il nuovo stabile non ha influito»

Il consulente degli imputati: «Il vecchio palazzo fragile perché venne progettato e realizzato male» Esibito dalla difesa un plastico che riproduce i due edifici. Il 28 ottobre sarà pronunciata la sentenza

L’AQUILA. Il processo sul crollo del palazzo di via XX Settembre 79, dove morirono nove persone, è alla stretta finale.

Il giudice Giuseppe Nicola Grieco ha fissato per il 28 ottobre la data della discussione in aula e ieri sono stati ascoltati i consulenti della difesa i quali hanno raccontato una verità che mal si concilia con le aspettative delle parti civili. Ma il 28 ottobre ci si dovrà adeguare al verdetto qualunque esso sia.

Ieri, comunque, l’esperto delle difese, l’ingegnere Andrea Benedetti, ha ribadito la sua tesi che il crollo fu inevitabile per la fragilità dell’edificio «Cioni-Berardi» e non per le vibrazioni del palazzo realizzato successivamente dai cinque imputati, versione dei fatti sostenuta, invece, dalle parti civili e dall’accusa.

Benedetti, in riferimento a quel palazzo realizzato negli anni Sessanta, ha sostenuto che era stato costruito così male «che non avrebbe resistito nemmeno alle scosse per le quali era stato ritenuto idoneo». Ha eccepito clamorosi errori di calcolo nella progettazione per non parlare delle critiche alla direzione dei lavori con «staffe inadeguate e ganci corti». A suo dire, inoltre, il materiale che formava il palazzo era troppo poroso e ormai degradato a causa della carbonatazione. Inoltre il corpo A, quello crollato, era alto un piano in più rispetto ad altri corpi. Per non parlare, poi, delle colonne fragili e mal sistemate, il tutto all’insegna di una generale asimmetria. In sostanza ha criticato tutta la procedura costruttiva pur considerando che si trattava di un manufatto edificato 50 anni fa. Si è anche soffermato sull’ipotesi di una spinta data dalle vibrazioni del palazzo vicino dicendo che mai avrebbero potuto essere decisive nel crollo visto che il condominio parzialmente imploso era troppo grande per poter risentire di quella spinta partita da un palazzo assai più piccolo. Insomma è stata negata l’interazione tra i due fabbricati, ovvero l’esatto contrario di quanto sostenuto dai familiari delle vittime.

Osservazioni che, insieme ad altre considerazioni, sono state fatte esibendo di nuovo il plastico che riproduce quei due palazzi.

Successivamente è stato ascoltato un altro tecnico della difesa, l’ingegnere Fernando Banini. In apertura di udienza era stata la volta dell’ultimo testimone della difesa, il vigile del fuoco Gabriele Miconi, che fu tra i primi a intervenire il 6 aprile 2009.

Nel processo sono imputati per omicidio colposo plurimo e lesioni gravi costruttori e tecnici che realizzarono il nuovo palazzo Belvedere: Armido Frezza, Francesco Laurini, Diego Scoccia, Pietro Paoloni, Enrico De Cristoforo.

Le parti civili hanno chiesto danni per milioni di euro.

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