Crollo via Rossi, sconto al padre progettista

Ridotta da 3 anni a 23 mesi la pena inflitta all’ingegner De Angelis. Tra le 17 vittime della tragedia ci fu anche la figlia

L’AQUILA. Sconto di pena per l’ingegnere Diego De Angelis, accusato del crollo del palazzo di via Generale Rossi nel quale morirono 17 persone tra le quali anche la figlia. De Angelis, 68 anni, era accusato di avere ristrutturato il tetto del palazzo senza fare una disamina complessiva della staticità dell’edificio, valutazione cui la legge lo obbligava. Se lo avesse fatto, secondo l’accusa, si sarebbe accorto delle condizioni di degrado nel quale versava il palazzo che fu realizzato negli anni Cinquanta.

Sono 23 i mesi di carcere che gli sono stati inflitti per omicidio colposo plurimo a fronte della condanna a tre anni di reclusione del primo grado. Il collegio, presieduto dal giudice Aldo Manfredi, concedendo i benefìci di legge, ha eliminato le pene accessorie quali l’interdizione. Il Pg, Alberto Sgambati, aveva chiesto la conferma del primo grado.

Nel mirino i restauri fatti nel Duemila, riguardanti la copertura del tetto che fu affidata dai condòmini a De Angelis in quanto ingegnere e amministratore del palazzo nel quale viveva la figlia. Restauri che non avrebbero appesantito la struttura, come si è poi appurato dalle perizie, ma, secondo l’accusa, non si tratta di un elemento importante. Infatti la contestazione poggia solo sulla mancata valutazione delle condizioni critiche di quel palazzo. Quei lavori, secondo Sgambati, non erano poi di rilievo minimale in quanto hanno pur sempre previsto la rimozione di 132 tonnellate di macerie e l’aggiunta di 91mila tonnellate di altro materiale. Un lavoro che costò 60 milioni di vecchie lire durato cinque mesi e che in qualche misura modificò la sagoma della struttura.

Ieri i legali dell’imputato, Attilio Cecchini e Giampiero Berti de Marinis, hanno sostenuto che i lavori non erano da qualificare come sopraelevazione.

Questo avrebbe esentato l’imputato dall’obbligo di fare delle verifiche sulla stabilità del palazzo.

Lì, secondo Cecchini, si era trattato soltanto di una trasformazione di un «lastricato solare» a un «tetto a falde» con un aumento minimo di altezza del fabbricato, quasi un metro, mentre, a suo dire, per parlare di sopraelevazione, occorrerebbe innalzare un piano.

Le parti civili sono state rappresentate da parecchi avvocati tra i quali Paolo Vecchioli, Alberto Gamberini, Wania Della Vigna, Alessandro Ciucci. Il Comune dall’avvocato Antonio Orsini.

Tra novanta giorni le motivazioni. Poi le difese presenteranno il ricorso in Corte di Cassazione.

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