D'Ercole al pm: «Mai detto bugie»

Il vescovo indagato per falso interrogato per tre ore a Teramo

L'AQUILA. Tre ore sotto torchio davanti al pm Antonietta Picardi e ai carabinieri del Noe per chiarire la sua posizione agli investigatori. E' stato un pomeriggio davvero duro quello di ieri per il vescovo ausiliare, monsignor Giovanni d'Ercole ascoltato in relazione all'indagine sulla Fondazione Abruzzo solidarietà e sviluppo, la famigerata tentata truffa da 12 milioni con i fondi Giovanardi per la quale sono stati arrestati e poi scarcerati con obbligo di dimora Fabrizio Traversi e Gianfranco Cavaliere.

L'accusa per il prelato, ancora tutta da dimostrare, è quella di avere mentito al pm fornendo false informazioni. Poi, pur esortato a non riferire ad altri il contenuto di quell'interrogatorio da lui sostenuto mesi fa come persona informata sui fatti, avrebbe rivelato a Traversi segreti inerenti al procedimento ostacolando, di fatto, le indagini e violando gli articoli 371 bis e 379 bis del codice penale.

Informazioni (ammesso che le abbia date) di cui Traversi non deve avere fatto tesoro visto che è finito nei guai incastrato da una montagna di intercettazioni caratterizzate da sue dichiarazioni perlomeno incaute. Un pomeriggio infernale, dunque, per il presule (che non è accusato di tentata truffa) il quale per essere ascoltato in tranquillità si è dovuto recare, insieme al suo avvocato, negli uffici giudiziari di Teramo. Una audizione che è stata fatta lì per dribblare telecamere e interviste sgradite.

Un trattamento di riguardo che gli è stato riservato, forse per rispetto all'abito che indossa, a fronte di quello toccato ad altri sospettati nella stessa indagine i quali sono stati ascoltati in mattinata nel palazzo di giustizia dell'Aquila, troppo piccolo per non notare chi si reca negli angusti uffici della procura o della polizia giudiziaria.

Il segreto della sede alternativa per l'interrogatorio, però, è durato poco visto che negli uffici giudiziari teramani il vescovo era stato visto arrivare intorno alle 17,30 per andare via dopo le 20. Insomma un «depistaggio» riuscito a metà.

Il monsignore, pertanto, è stato ascoltato a lungo anche se parte di quelle ore è stata occupata dalle verbalizzazioni.

«Il mio assistito», ha detto l'avvocato romano Claudio Ferrazza già legale di fiducia del sindaco di Roma, Gianni Alemanno, e professonista noto negli ambienti del centrodestra capitolino, «ha chiarito la sua posizione offrendo agli investigatori una diversa interpretazione sul suo comportamento che potrebbe modificare le valutazioni fin qui fatte».

In merito all'audizione l'arcidiocesi dell'Aquila è intervenuta ieri sera con una breve nota.

«Da parte del vescovo ausiliare», si legge nel comunicato, «sono stati forniti tutti i chiarimenti richiesti dai magistrati e si ha fiducia che da parte della Procura della Repubblica venga fatta un'adeguata valutazione di quanto dichiarato da monsignor D'Ercole».

«In questo momento difficile mi conforta l'affetto di amici e fedeli». Questa la brevissima dichiarazione rilasciata da monsignor D'Ercole, visibilmente provato dopo l'interrogatorio-fiume. Tuttavia il suo avvocato ha precisato che il vescovo ha scaricato la tensione accumulata nei giorni scorsi ed ora è sereno. La matassa riguardante questo complesso e clamoroso caso giudiziario deve essere ancora sbrogliata ma un peso importante potrebbe averlo l'attesa pronuncia della Corte di Cassazione in seguito al ricorso degli avvocati di Traversi e Cavaliere, Angelo Colagrande e Attilio Cecchini i quali chiedono la revoca degli arresti (benché gli indagati ora siano liberi) sulla scorta della tesi del «delitto impossibile». Una conferma della tesi accusatoria spianerebbe le porte dell'indagine verso un processo in tribunale. Almeno per i due accusati più compromessi. Nella vicenda sono indagati anche il sindaco di San Demetrio, Silvano Cappelli, l'ex assessore provinciale, Mimmo Srour e Nicola Ferrigni presidente Eurispes Abruzzo.

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