D’Onofrio: «Giudici, che errore!»

Il presidente di Vittime della strada: l’investitore deve essere rinchiuso in cella

CELANO. «Non lamento la mancanza di applicazione della legge ma la mancata tutela di tutti gli altri cittadini. Rimane libero un soggetto pericoloso e in questo modo non è tutelata l’incolumità dei poveri malcapitati che si trovassero a imbattersi in questo signore». Paolo D’Onofrio, referente per l’Abruzzo dell’Associazione italiana familiari e vittime della strada, si rivolge ai magistrati che hanno trattato il caso di Luigi Antidormi, al quale ieri sono stati confermati gli arresti domiciliari. «A questi giudici, che magari sono anche padri di famiglia, e che in casi come questo continuano ad applicare il minimo della pena», va avanti, «dichiarando così implicitamente la loro impotenza, chiedo se affiderebbero un’arma carica in mano al loro figlio minorenne. Perché una persona ubriaca e drogata che uccide qualcuno sulla strada può essere dichiarato non capace di intendere e volere e quindi può beneficiare di sconti. E allora chi in questo caso dovrebbe essere il tutore di un soggetto come questo e rispondere del suo operato?», dice D’Onofrio, «questi giudici mi devono rispondere altrimenti andrò a cercarli personalmente. Basterebbe non applicare la legge del solo codice della strada, ma riconoscere una pericolosità sociale nei confronti di una persona che ha una lista di reati che per di più ha compiuto anche mentre aveva delle restrizioni alla propria libertà». «È inutile parlare di omicidio stradale o di legge ex novo», conclude, «se non cambia la società intera è inutile cambiare le leggi. Finché si permette di continuare a spacciare, di dare alcool nei bar a questi soggetti, lucrando sulla loro debolezza non cambierà nulla. Le leggi già ci sono e anche gli strumenti per applicarle. Quello che non c’è è la certezza che chi sgarra paga. In Italia l’incidentalità costa 30 miliardi di euro l’anno. Troppe tasche sono sporche di sangue».

Magda Tirabassi

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