Dai giovani ricordo e speranza

Tutto il liceo scientifico a Pettino per Ezio, Susanna e Maria Grazia.

L’AQUILA. Il sei aprile, sette mesi fa, il terremoto se li è portati via. Eppure ieri pomeriggio loro erano lì. C’erano negli occhi dei loro compagni di classe, nelle parole spezzate dal pianto, nella memoria che non si rassegna a guardare al passato ma che vuole farsi sogno da cui svegliarsi e sperare che è stato tutto un incubo, un terribile incubo. Ezio, Susanna, Maria Grazia. Fino al sei aprile facevano parte della grande famiglia del Liceo Scientifico, oggi ne fanno parte ancora, forse più di prima. Maria Grazia Semperlotti era la prof di italiano e latino, Ezio Pace e Susanna Pezzopane due giovani che grazie allo studio, allo sport, alla musica stavano costruendo il loro futuro. Erano due ragazzi belli e bravi. Lo so, quando si ricorda chi non c’è più si dice sempre così. Ma loro due lo erano veramente.

Susanna è morta a Onna, aveva la stessa età di mia figlia; che fosse bella non c’è dubbio, che fosse brava a scuola lo so perché me lo diceva Maria Paola. Ezio non lo conoscevo. L’ho conosciuto un po’ ieri durante la messa che don Claudio Tracanna, che insegna religione allo Scientifico, ha voluto celebrare per ricordare quei compagni di viaggio che la sorte malvagia ha voluto strappare agli affetti e al futuro. Una compagna di classe di Ezio lo ha ricordato tratteggiandone il volto e l’anima. Mi ha colpito molto quel riferimento agli occhi azzurri e ai riccioli d’oro. Quegli occhi si sono chiusi nel buio della notte in cui si è scatenato l’inferno, i riccioli sono finiti sotto i sassi e la polvere della sua casa in via XX Settembre. Con lui se ne sono andati anche papà Flavio e mamma Loredana.

Il preside Natale De Angelo ha parlato della prof «Grazia di nome e di fatto». Era una di quelle docenti che considerano gli alunni un po’ come figli: rigorosa, mai superficiale, che dava e chiedeva molto. Ma che anche per questo sapeva farsi apprezzare. Lei è morta con suo marito Carmine nella casa in via Sassa. Davide e Stefano, i loro due ragazzi, erano lì ieri sera. E lì c’erano anche i genitori di Susanna, Tiziana e Pasquale. «Il dolore condiviso, fa un po’ meno male». Lo ha detto don Claudio quando ha spiegato il senso di quella cerimonia religiosa. In prima fila, a fianco ai parenti, c’erano il presidente della Provincia Stefania Pezzopane, il vicesindaco Roberto Riga e il capo della protezione civile Guido Bertolaso. Presenze discrete, segno di una partecipazione vera.

In questi mesi mi è capitato spesso di incontrare Bertolaso e a volte l’ho trovato anche in posti dove non me lo sarei aspettato. Ieri non c’erano dirette televisive o inaugurazioni. Quella presenza ha un significato: la tragedia aquilana ha segnato nel profondo i cuori e le coscienze. Non ci sono solo progetto Case, musp, map, tende, alloggi, case da requisire, abitazione da ricostruire. Ci sono quelle 307 vittime che hanno scavato un segno indelebile sulla storia della città. Ieri pomeriggio tutti quei ragazzi radunati nella chiesa di Pettino, avevano il volto triste e segnato. Ma sono loro la speranza di questa città. Non ho sentito parole disperate ma tanti inviti a guardare avanti con tenacia. Credo che il ricordo di chi non c’è più li renderà migliori e L’Aquila potrà contare su una classe dirigente futura temprata dal dolore ma non sconfitta. Tutt’altro. Grazie a loro. Già da adesso.