De Bernardinis «negligente» Trovato il capro espiatorio

L’affondo: «Fece valutazioni autonome, non aveva le conoscenze necessarie Lo scarico di energia come fattore positivo non è scientificamente provato»

L’AQUILA. «Negligente e imprudente. La sua condotta determinò quel mutamento di abitudini che portò alla morte di molte persone».

Da un professore che insegna meccanica dei fluidi gli aquilani avrebbero dovuto apprendere come comportarsi in quei giorni di scosse continue e di angoscia perenne. Tant’è. L’unico responsabile di quelle morti – limitatamente ai casi riconosciuti di nesso di causalità, cioè di collegamento accertato tra la condotta dell’imputato e gli eventi successivi, vale a dire, semplificando al massimo, l’intervista del «Montepulciano» e i decessi nella notte del terremoto – è un «operativo», per dirla con le sue parole. Che, secondo le conclusioni del collegio d’appello, sbagliò tre volte.

Sbagliò a parlare; a non informarsi con gli scienziati prima di parlare; a lanciarsi in previsioni impossibili da fare sulla base di «autonome valutazioni di un soggetto che non possedeva le conoscenze necessarie per formularle».

Ecco il motivo dei due anni di reclusione (coi benefìci di legge della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale spedito a richiesta di privati) inflitti a Bernardo De Bernardinis, 66 anni, nato a Genova ma originario di Ofena, che maledirà per sempre la famigerata intervista passata alla storia come quella del «Montepulciano di quelli...assolutamente doc, diciamo, mi sembra, mi sembra importante questo».

Alla Corte, invece, più che il «buon bicchiere di vino di Ofena» da farsi prima di andare a letto sembra importante, come si evince nell’articolata esposizione delle motivazioni, che quel giorno il professore di meccanica dei fluidi era il massimo esponente della Protezione civile. Il vicecapo del settore operativo del Dipartimento nazionale inviato dal suo capo Bertolaso a «immolarsi» il 31 marzo 2009 quando tutti gli aquilani pendevano dalle labbra degli «scienziati».

Secondo i giudici d’appello, che per questo lo hanno condannato – unico tra i sette imputati – «De Bernardinis non era un quisque de populo accidentalmente incaricato di svolgere una certa funzione. Era il vicecapo operativo della Protezione civile e il facente funzione, nella fattispecie concreta, del capo dipartimento. Dunque, egli era soggetto particolarmente qualificato, ben conscio dei meccanismi che si innescano tra le popolazioni interessate a fenomeni di elevato rischio e a conoscenza delle regole che presidiano l’attività informativa in simili contesti».

Per i giudici di secondo grado, in definitiva, «per alcune delle persone offese è rimasto pienamente provato che esse recepirono quale messaggio rassicurante proprio quello proveniente dalle parole dell’imputato, e non quello derivante da altre fonti, e che decisero di non abbandonare le loro abitazioni, così rimanendo coinvolte nel loro crollo, proprio dopo aver percepito ed elaborato tale messaggio. Se l’imputato non avesse detto ciò che invece disse e si fosse informato sull’infondatezza scientifica della tesi dello scarico di energia e avesse mantenuto un atteggiamento più prudente in punto di valutazione favorevole degli eventi e di assenza di pericolosità, le morti non si sarebbero verificate, perché quei cittadini aquilani avrebbero continuato ad adottare, nel corso della notte tra il 5 e 6 aprile, le precauzioni conosciute».(e.n.)

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