Del Turco, sentenza in tempi brevi

Il presidente della Corte d’appello: corsia privilegiata anche per D’Alfonso

L’AQUILA. Le maxi inchieste costate l’arresto a Ottaviano Del Turco e Luciano D’Alfonso supereranno le forche caudine del nascente processo breve. A garanzia di sentenze messe a rischio da un disegno di legge già passato al Senato, il presidente della Corte d’appello Giovanni Canzio schiera la propria autorevolezza e “impegna” ufficialmente anche il presidente del tribunale di Pescara Giuseppe Antonio Cassano. Che, tradotto in pratica, vuol dire che si arriverà a un verdetto il più presto possibile, e comunque entro il limite dei tre anni previsto dal ddl per entrambi i procedimenti, costati la decapitazione della giunta regionale di centrosinistra nel luglio 2008 e di quella di Pescara cinque mesi dopo.

I due processi più attesi, Sanitopoli e la corruzione in Comune, imboccheranno una corsia privilegiata, che neppure il ddl in attesa del via libera alla Camera riuscirà a spingere verso l’estinzione. Ne va del rispetto dovuto agli indagati ma soprattutto del diritto dei cittadini, costretti per due volte a tornare alle urne, di conoscere la verità giudiziaria sui protagonisti più importanti della politica abruzzese degli ultimi anni.

Canzio, nella relazione d’apertura dell’anno giudiziario, piccona il processo breve con eleganza - «senza concedere sconti» gli replicherà pochi secondi il ministro Alfano apprezzandone l’intervento - e prende sotto la propria ala i due casi giudiziari più delicati. Lo fa quando, parlando dei reati contro la pubblica amministrazione, «si segnala», dice lanciando un allarme-costa, «un progressivo aumento delle pendenze nei tribunali di Pescara, Teramo e Vasto, a fronte di una netta riduzione rilevata all’Aquila e ad Avezzano».

E aggiunge: «Con particolare riguardo agli specifici, invero non pochi, procedimenti in corso per tali reati davanti all’autorità giudiziaria di Pescara, che com’è noto hanno inciso profondamente sugli assetti amministrativi della Regione e del Comune e vedono coinvolti personaggi politici di rilievo, va rimarcato che, essendosi chiusa la fase delle indagini preliminari, le gravi e numerose imputazioni formulate dagli organi dell’accusa saranno ben presto sottoposte alla verifica giurisdizionale del gup».

Ed ecco la corsia preferenziale spalancata davanti all’ex governatore (il cui caso sarà oggetto domani, alle 12, su Ab Channel, 920 di Sky, della trasmissione “Finestra Italia” dell’ex giornalista del Tg1 Nuccio Fava) e all’ex segretario regionale del Pd: «Sono certo che le imparziali determinazioni del gup sulle richieste dei pm di rinvio a giudizio degli imputati saranno adottate, evitando la discontinuità delle udienze, in tempi coerenti con la fase e comunque assolutamente ragionevoli. Ne sono certo anche alla stregua delle puntuali assicurazioni ricevute dal presidente di quel tribunale sia sul rapido compimento delle notifiche in vista della fissazione ravvicinata delle udienze sia delle necessarie attività processuali, come la trascrizione peritale delle intercettazioni».

Insomma, assicura Canzio, nessun appiattimento dei giudici sulle posizioni dei pm per accelerare i processi, come già dimostrato peraltro - per Sanitopoli - dal mancato arresto di Aracu, ma soprattutto velocizzazione degli aspetti procedurali (notifiche) e tecnici (intercettazioni) che in altri processi, Ciclone di Montesilvano su tutti, hanno bloccato l’udienza preliminare per molti mesi.

Del Turco e D’Alfonso: due processi speciali, in caso di rinvio a giudizio, che comporteranno altrettanti collegi giudicanti ad hoc. Uno sforzo non indifferente per il tribunale che, come già accade oggi, dovrà per forza di cose “pescare” giudici da un settore civile già in forte sofferenza e approntare un calendario di udienze a tamburo battente. «Ma noi siamo pronti ad andare in dibattimento anche tutti i giorni», hanno annunciato gli inquirenti.

C’è però una differenza sostanziale tra i due procedimenti: mentre Sanitopoli approderà tra pochi giorni al traguardo della richiesta di rinvio a giudizio, a partire dalla cui firma scatteranno i 36 mesi previsti dalla legge sul processo breve come tetto massimo per arrivare al verdetto di primo grado, quello sulle presunte tangenti al Comune di Pescara ad aprile toccherà i 9 mesi senza che l’udienza preliminare sia stata ancora formalmente aperta, e questo per colpa delle solite omesse notifiche. Restano 27 mesi: la corsa verso il traguardo per D’Alfonso dovrà essere ancora più spedita. Il deputato del Pd Lanfranco Tenaglia ha espresso «fiducia e rispetto per la magistratura abruzzese» e ha auspicato che «si accertino con celerità le responsabilità per i politici coinvolti nelle inchieste, così da restituire loro l’onore della politica».

Il presidente della Corte d’appello ha rimarcato i rischi legati al processo breve: «Mi preme sottolineare il più contraddittorio e paradossale degli esiti che dall’approvazione del ddl conseguirebbe: l’azzeramento di ogni serio progetto organizzativo e acceleratorio messo in campo negli uffici giudiziari più consapevoli e responsabili, e il premio a prassi confuse e caotiche. Tutto ciò senza che sia previsto il potenziamento delle risorse umane e materiali per fronteggiare l’innalzamento del numero dei processi. Il disegno di legge sottoporrebbe l’animo dei giudici e degli avvocati a un non irrilevante stress di tenuta del sistema».