Di Stefano: noi penalizzati dai commissari

L’assessore: vogliamo che emerga la verità Impegno del Comune trasparente e corretto

L’AQUILA. L’assessore comunale alla Ricostruzione, Pietro Di Stefano, interviene sulle questioni relative al post-sisma.

«Una sana ricostruzione dei fatti è quello che da tempo auspichiamo e ci auguriamo e in sostanza è anche quello che abbiamo chiesto alla Commissione Ambiente del Senato nel corso dell’audizione per l’istituzione della Commissione d’inchiesta sul terremoto. Ricostruire i fatti significa rimettere insieme i pezzi della storia e questo lo si fa con l’ausilio di documenti ma anche ascoltando le persone che in qualche modo sono state protagoniste di quei tempi. Deve avere anche un senso logico per poter trarne le dovute conclusioni. Detto questo, entriamo nel merito di alcune questioni che per brevità di spazio si riassumono di seguito.

LA POLEMICA COL COMMISSARIO.

Quanti sono quelli che oggi si accorgono di quanto gli atti commissariali ci abbiano fatto accumulare almeno un anno e mezzo di ritardo sulla ricostruzione dei centri storici? Non è abbastanza chiaro che se il Commissario avesse dato ascolto al Comune, oggi l’asse centrale sarebbe tutto ricostruito e fruibile?

E questo di per sé non avrebbe giovato alla ripresa economica e politica della città? Ci fu uno scontro, è vero, ma quello scontro fu causato dall’atteggiamento di Chiodi, istigato dall’allora responsabile della Stm (Struttura tecnica di missione), che proibì l’esame delle pratiche dei centri storici, fino a spingersi a negare addirittura il supporto alla Soprintendenza per l’esame degli edifici vincolati, nonostante persino l’Opcm (Ordinanza presidenza consiglio dei ministri) 3917/2010 lo avesse previsto senza costi aggiuntivi.

PIANO DI RICOSTRUZIONE E RIQUALIFICAZIONE DEI LUOGHI.

Il Comune dell’Aquila ha redatto il Piano di Ricostruzione e sottoscritto l’intesa con il Commissario, come previsto dalla legge, il 31/8/2012. Il Settore Pianificazione del Comune dell’Aquila lo ha redatto con il personale a sua disposizione e a costo zero, senza incarichi ad alcuna Università e senza spese aggiuntive per lo Stato. Tralasciamo la discussione, non secondaria, sugli effettivi poteri che questo Piano aveva; per questo basterebbe ricordare che c’è stato bisogno della Legge Barca per conferire a questo strumento un potere ben definito.

LE AREE A BREVE.

Per quanto riguarda le aree da riqualificare del capoluogo, nella maggioranza dei casi adiacenti le mura ed edificate tra la fine degli anni Cinquanta e quella degli anni Ottanta, la strategia di riqualificazione avanzata dal Comune per il Piano era già stata vanificata da quanto fatto dal Commissario con il famoso decreto 3/2010 dove furono inserite le cosiddette aree a breve, proprio quelle che più avrebbero avuto bisogno di riqualificazione e trasformazione urbanistica.

La vicenda di Porta Barete e Santa Croce è proprio frutto di quella follia senza senso e costrutto. Solo con la legge 134/2012 e il decreto del 4 febbraio 2013 (decreto Monti) in uno con la fine del Commissariamento, sono state poste le basi per far partire i piani di recupero che oggi riguardano Porta Barete-Villa Gioia, Via XX settembre, Mura Urbiche, ex Ospedale/Università, Porta Leone, Viale della Croce Rossa, più altri, diffusi in diversi ambiti della città. La mission del Piano è ancora quella di salvaguardare la parte più identitaria della città e di riqualificare quelle parti nate senza un vero progetto urbanistico e di salvaguardia dei beni storici.

I SOLDI AI RICCHI.

Si fa fatica ad individuare la categoria dei ricchi in coloro che possiedono un immobile vincolato dallo Stato ai sensi delle leggi vigenti. Tuttavia nel ricostruire i fatti bisogna dire che i presupposti per quei finanziamenti sono contenuti nel DL 39/2009 convertito con legge 77/2009 (art. 14 comma 5 bis), nell’Opcm 3917/2010 (art. 21 comma 2) e nell’Opcm 3996/2012. La legge stabilì le modalità di accesso al contributo per i palazzi vincolati, l’Opcm 3917 definì il limite di contributo massimo concedibile e la 3996 le modalità di superamento della soglia massima con i limiti di accollo al privato per la parte eccedente. Quindi lo Stato era l’autore principale delle norme, con la Soprintendenza che si occupava dell’esame del progetto e la definizione del contributo e il Commissario di Governo di attuare i controlli.

OPERE STRATEGICHE E SOTTOSERVIZI.

Ci è stata addossata la colpa di un conflitto con il Commissario per la realizzazione dello smart tunnel. È vero, abbiamo condotto una strenua battaglia per fare dell’Aquila una città che ripartisse dal suo patrimonio culturale, ma al tempo stesso abbracciasse la sfida di smart city. Non “dove era e come era”, ma una città rinnovata e moderna che rafforza la sua storia arricchendola di capitoli nuovi. Questo era l’unico modo di uscire dalla paralisi del sisma. Anche il progetto mura, già opportunamente contenuto nel piano di ricostruzione, che oggi ci permette di ammirare la cinta muraria completamente recuperata e valorizzata con camminamenti ed illuminazione, per il momento solo nei tratti di viale della Croce Rossa e di via XXV Aprile, fa parte di questa visione. È un merito o un demerito?Ed è un merito o un demerito l’essersi opposti al semplice rifacimento tradizionale delle reti idriche e fognarie ed invece aver voluto la realizzazione dello smart tunnel con separazione delle acque bianche e nere e servizi innovativi e d’avanguardia? Oggi tutti ci invidiano queste opere che altro non sono che i primi punti di forza della città futura, comprendente il sistema universitario, l’ambiente, la ricerca e la cultura.

I RITARDI, LA TRASPARENZA, LA CHIAREZZA.

Il terremoto dell’Aquila è stato sempre e giustamente sotto la lente d’ingrandimento, nulla ci è stato risparmiato e nulla ci verrà perdonato. Pur con questa consapevolezza siamo sempre stati in prima fila, dal guidare la protesta sul pagamento delle tasse, prendendoci persino denunce per interruzione di pubblico servizio, alla manifestazione a Roma dove volarono manganellate anche sulle nostre teste. Non abbiamo risparmiato critiche a nessun governo, neppure a quelli considerati “amici”. Con altrettanta energia e chiarezza abbiamo denunciato i ritardi che si stavano accumulando (e oggi sono evidenti a tutti) e le sconcezze contenute nelle leggi (vedi il ristoro economico per la casa distrutta senza nessun vincolo di riacquisto nello stesso comune). Abbiamo chiesto e contribuito a scrivere nuove leggi per preservare la ricostruzione da affarismi, opportunismi e furbizie varie ma, contemporaneamente, abbiamo anche chiesto la revisione di alcune norme assurde che affliggono il futuro delle popolazioni terremotate.

Chiediamo ancor oggi poteri veri per i Comuni in modo da sanzionare l’inerzia di chi non procede nei lavori pur avendo acquisito finanziamento e condanna l’intero sistema a ulteriori lungaggini nella ricostruzione. Lo chiediamo al Parlamento e al Governo, con trasparenza e chiarezza, anche attraverso un confronto che guardi all’essenza delle cose da fare piuttosto che alle voci da inseguire.

LA CONCLUSIONE.

Non ho scritto queste poche righe, riassunte per punti, per sollevare nuove polemiche di cui non sento alcun bisogno. Le ho scritte per amor di verità poiché sono consapevole che oggi abbiamo le risorse per ricostruire presto e bene ed è lì e solo lì che io rivolgo lo sguardo. Credo nella buona fede e non vivo con l’ansia del complotto, ma le tensioni vissute, le rabbie e le delusioni accompagnate dall’impegno profuso nel voler portare in porto la nave, oggi meritano altre considerazioni: non un plauso di certo, ma il rispetto della dignità degli uomini che ancora credono nell’impegno pubblico pulito e teso all’interesse generale».

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