l’archeologo

Due diverse tradizioni sulla vita del Santo

L’AQUILA. Due diverse tradizioni: l’una vorrebbe San Vittorino come un semplice frate, l’altra come il vescovo di Amiternum. Sono quelle su cui ancora indagano gli storici e che l’archeologo Vincenzo...

L’AQUILA. Due diverse tradizioni: l’una vorrebbe San Vittorino come un semplice frate, l’altra come il vescovo di Amiternum. Sono quelle su cui ancora indagano gli storici e che l’archeologo Vincenzo Fiocchi Nicolai, del pontificio Istituto di archeologia cristiana, ha voluto ripercorrere ieri prima del taglio del nastro dell’importante complesso. «Il sito archeologico è uno dei più importanti di epoca paleocristiana in Abruzzo», ha spiegato. «Non è l’unico perché nella provincia dell’Aquila abbiamo altre tre catacombe: quelle di Castelvecchio Subequo, di Santa Giusta di Bazzano e di San Lorenzo di Beffi. In questa zona ci sono testimonianze di un’area funeraria paleocristiana che possiamo far risalire alla fine del III secolo e qui venne anche realizzato un mausoleo addossato alla roccia dove si trova la tomba di San Vittorino».

Ma chi era San Vittorino? Ha provato a spiegarlo l’archeologo: «Sul Santo possiamo dire ben poco. La prima notizia appartiene alla metà del V secolo dopo Cristo ed è su un calendario che ricorda nel giorno 24 luglio la festa di Vittorino sulla via Salaria, all’83esimo miglio da Roma, in questa località. Nell’VIII-IX secolo si mettono per iscritto due leggende che riguardano il Santo. Una ne fa un cristiano molto fervente che sostiene la scelta di consacrarsi vergine al Signore da pare di una certa Flavia Domitilla. Motivo per cui viene fatto oggetto di persecuzione da parte dello sposo della donna, Valeriano, che condanna Vittorino ai lavori forzati in un luogo vicino alle attuali terme di Cotilia, sulla via Salaria. Lì Vittorino subisce il martirio, appeso a testa in giù nelle acque sulfuree. Valeriano non vuole che si seppellisca ma i cristiani di Amiternum lo portano in questo luogo. La seconda tradizione, invece, fa di Vittorino un monaco che viene dal Piceno, che vive col fratello in uno stato estremo, si rifugia in una foresta, viene violentato da una giovane donna che lo fa picchiare, lui si flagella finché viene assolto dal vescovo e infine diviene lui stesso vescovo di Amiternum». L’unica certezza, per il momento è il luogo del suo sepolcro, nelle catacombe appunto. «La tomba di San Vittorino è semplice, nello stile cappuccino, con i mattoni messi a tetto», continua l’archeologo. «La tomba deve essere del III-IV secolo, poi il vescovo Quodvultdeus realizza un’edicola. Come fosse questa struttura è un enigma. Gli scavi del 1939, che ne restituirono i pezzi, furono frettolosi. Da questo nucleo si sviluppa la catacomba, il cimitero dei cristiani di Amiternum che vogliono essere sepolti accanto a Vittorino, poi una chiesetta, di cui è stata scoperta l’abside e nell’alto Medioevo un altro edificio. Nel 1170 si amplia il santuario con una seconda chiesa, quella parrocchiale». (m.c.)

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