Ecco la clinica rimasta senza cicogne Letti vuoti alla Santa Maria di Avezzano

Niente ricoveri e dipendenti in ferie forzate dopo il blocco degli accreditamenti regionali.

AVEZZANO. C’erano una volta i pianti dei neonati, nonni emozionati carichi di pacchi dono, fiocchi rosa e azzurri, svolazzanti cicogne di cartone alle pareti. C’erano una volta file di pazienti negli ambulatori, medici in camici bianchi in perenne affanno, gli odori pungenti dei medicinali e la cortesia delle infermiere.

Una volta c’era tutto ciò che ora non c’è più. Da quando la favola è finita, alla mezzanotte del 13 gennaio. Quando Valerio ha fatto sentire il suo ultimo vagito, quando Antonietta è stata l’ultima paziente a essere dimessa, quando sulla Casa di cura Santa Maria hanno cominciato a scorrere i titoli di coda. «Adesso in queste stanze possiamo girarci qualche scena del Dottor House», ironizza il medico che ci accoglie in clinica. In quella che resta una delle proprietà della famiglia Angelini.

Le porte scorrevoli si aprono, nessun avviso alla clientela come da ordini superiori. All’accettazione incontriamo le sorridenti Alberta e Claudia. Normalità solo apparente.
Ce ne accorgiamo quando arriva un uomo colpito da coliche renali. Non può ricoverarsi, se non dietro compenso, così viene chiamata l’ambulanza del 118. Deve correre in ospedale. Ecco ciò che accade dalla mezzanotte di mercoledì.

Di fatto non si accettano più ricoveri, si annullano le visite programmate (ce n’era una trentina al giorno fino a metà marzo) perché la Regione ha sospeso gli accreditamenti all’impero Angelini e la Asl non rimborsa più le prestazioni. Se si volesse partorire nella clinica di via Trieste ad Avezzano una donna dovrebbe pagare non meno di 3mila euro, cento euro per un’endoscopia, 50 per una visita. Solo per fare degli esempi. Alla Santa Maria del dopo 13 gennaio sono rimasti letti vuoti con le lenzuola ben in ordine, sale parto chiuse, laboratori coi macchinari spenti. Il 75% del personale è in ferie forzate. La parte restante garantisce i turni della sopravvivenza. Giorno e notte. Perché qui, malgrado tutto, si vuole sopravvivere.

Gli stipendi non si vedono da quasi un anno, c’è chi ha avuto la casa pignorata dalle banche, qualcuno non ha più la corrente perché non può pagare le bollette. Ma nessuno vuole sentire parlare di chiusura. Così è regolarmente al suo posto il direttore sanitario Corrado Paoloni. Sono in servizio l’ostetrica e i medici Quaglieri, Gagliardi e Mariani. Accompagnati da tanta, troppa amarezza. «È un peccato mortale contare su una struttura come questa, una struttura modello per la sanità marsicana, e non poter fare niente. La Santa Maria ha delle validissime professionalità affezionate al loro posto di lavoro. E non va dimenticato che anche con un’amministrazione privata, la clinica ha svolto sempre un servizio pubblico. Non sapremo come andrà a finire, sappiamo però di avere fatto il nostro dovere e sappiamo di avere scoperto che non abbiamo diritti».

Con rabbia, ma si va avanti. «L’ultima notte eravamo io e una collega: abbiamo avuto paura», racconta un’infermiera, «nessun paziente che chiamava, nessun pianto di neonato. Una struttura fantasma e con tanti fantasmi». Un racconto nell’anonimato perché c’è timore a esporsi. Timori aumentati da quando alcuni dipendenti, una quarantina in tutto, hanno ottenuto parte delle somme spettanti attraverso decreti ingiuntivi. Gli ultimi soldi sono arrivati tra Natale e Capodanno. Azioni di forza che hanno finito di alimentare il clima di tensione attorno e dentro la Santa Maria degli Angelini. Una clinica che fino all’anno scorso, malgrado le tante nubi che si addensavano, aveva fatto contare tremila ricoveri, un migliaio di interventi chirurgici, 6mila prestazioni ambulatoriali. Una clinica che nel 2009 ha fatto registrare le nascite di 585 bambini.

Numeri snocciolati a memoria e con orgoglio dal personale che oggi se ne sta a braccia incrociate. «Il mare è in tempesta ma non abbandoniamo la nave che affonda», commenta in coro il personale della Santa Maria, mentre prepara l’ennesima manifestazione di protesta davanti alla sede della Regione, all’Aquila. Un appuntamento in programma oggi alle 15.
Usciamo dalla clinica fantasma che è quasi mezzogiorno, accolti da un fastidioso gracchiare. Sul tetto della Santa Maria, lì dove a dicembre erano saliti i dipendenti in lotta per gli stipendi, si è posata una cornacchia. Un’infermiera sorride con amarezza: «Una volta qui volavano solo cicogne».