Fossa si riprende il tesoro di Santa Maria ad Cryptas 

Riconsegnate le chiavi dello scrigno d’arte che impreziosisce il piccolo comune Completati il restauro e il consolidamento strutturale. Il sindaco: «Ora si riparte»

FOSSA. Ripartire dalla storia e dall’arte. Accade a Fossa (700 abitanti circa) borgo duramente colpito dal terremoto del 6 aprile 2009 (quattro le vittime di quella tragica notte). Nove anni dopo la comunità è ancora “divisa” in due: la gran parte degli abitanti è nel villaggio San Lorenzo costruito dopo il sisma grazie anche al contributo degli alpini di tutta Italia. Nel centro storico, invece, sono tornati in pochissimi: i cantieri sono comparsi soprattutto nella zona bassa “Osteria” e nel primo tratto della strada principale che sale verso la grande piazza sovrastata dal Castello di Ocre.
Da queste parti si respira spiritualità a ogni angolo (il paese è stato definito “luogo delle beatitudini”): a due passi, anche se formalmente in territorio di Ocre, ci sono l’ex convento di Santo Spirito (totalmente ristrutturato già ante-sisma e dove ci sono un ristorante, sale per eventi culturali, camere per trascorrere un periodo di vacanza) e il convento di Sant’Angelo (chiuso); poi la parrocchiale di Santa Maria Assunta (che attende l’avvio dei lavori di restauro) e la chiesa di San Clemente nei pressi di monte “Cerro”. Fossa è patria di San Cesidio Giacomantonio martire (1873-1900) e di altre importanti figure di religiosi. Ma la storia del borgo e del suo territorio viene raccontata anche dalla necropoli vestina, dalle tracce dell’antica città romana di Aveia, dal Castello medievale. I problemi da queste parti sono tanti, il più urgente da risolvere è quello relativo alla messa in sicurezza del costone che incombe sull’abitato e sulla strada che porta a Sant’Angelo. I lavori non dovrebbero tardare, ma sui tempi meglio essere cauti.
In questo scorcio d’Abruzzo sospeso ancora fra la precarietà causata dal disastro del 2009 e la forte voglia di rinascere, una luce è tornata a splendere: la chiesa di Santa Maria ad Cryptas, gioiello del XIII secolo, è stata riaperta. Pochi giorni fa, dopo lavori di consolidamento strutturale e il restauro di gran parte degli splendidi affreschi che coprono ogni centimetro delle pareti, le chiavi dell’edificio sacro sono state riconsegnate al sindaco Fabrizio Boccabella. Stazione appaltante e “conduttore” dell’intervento è stato il segretariato Regionale Mibact per l’Abruzzo oggi diretto dall’architetto Stefano D’Amico. Dei lavori (durati circa due anni con un costo di oltre 600.000 euro) si sono occupati l’architetto Franco De Vitis per il consolidamento e la dottoressa Anna Colangelo per il recupero degli affreschi (impresa esecutrice “Antenucci Ugo srl di Isernia” che per i restauri si è avvalsa della collaborazione della ditta “Berta Giacomantonio”).
La chiesa di Santa Maria ad Cryptas era ben nota agli storici dell’arte di tutta Italia già prima del 2009 (molti ricorderanno, dopo il sisma, la rocambolesca visita di Vittorio Sgarbi che volle entrare incurante del pericolo). Il sisma aveva procurato danni notevoli in particolare sulla parte alta della parete di destra dov’era (e dov’è) l’immagine di San Giorgio. «Con un lavoro certosino», dice la dottoressa Colangelo, «abbiamo raccolto tutti i frammenti caduti a terra e – salvo pochissimi casi in cui è stata impossibile la ricollocazione – li abbiamo rimessi al loro posto. Siamo intervenuti anche sulla cripta in cui c’è un lacerto di affresco».
«Per quanto riguarda il consolidamento», dice l'architetto De Vitis, «possiamo dire che oggi la chiesa dal punto della tenuta in caso di sisma è molto più sicura che in passato, abbiamo utilizzato tecniche all’avanguardia». Ci sono però ancora alcuni lavori da fare che riguardano il restauro pittorico di porzioni d’affresco e la posa in opera di un’illuminazione che possa valorizzare al massimo le opere d’arte.
Chi entra oggi a Santa Maria ad Cryptas, anche se l’aveva vista più volte in passato, resta senza fiato. Gli storici dicono che la chiesa, datata XIII secolo, sorge su un tempio più antico e fu costruita dai monaci Cistercensi che facevano base al convento di Santo Spirito. Quei Cistercensi che dal 1200 in poi hanno cambiato la storia – sociale, economica e religiosa – del territorio. Gli affreschi ricoprono l’arco trionfale, il presbiterio, l’abside, le pareti laterali e la controfacciata con diversi cicli tematici e raffigurazioni isolate e indipendenti, accostando scene del Vecchio e del Nuovo Testamento. Sono stati realizzati in un arco temporale che va dal XIII secolo al Rinascimento.
La questione che si pone ora è come valorizzare un tale “tesoro” e tutto ciò che borghi come Fossa offrono in termini di bellezze naturalistiche, alta qualità della vita, bontà dei prodotti tipici. «Questa è la sfida più grande», dice il sindaco Fabrizio Boccabella. «La ricostruzione materiale – con tutti i problemi che ci sono e ci saranno – prima o poi sarà completata ma già oggi dobbiamo mettere in campo progettualità capaci di ricompattare la comunità dal punto di vista identitario e sociale e di costruire opportunità per chi vuole rimanere in questo territorio e parlo, chiaramente, delle nuove generazioni. Senza di loro, come è stato detto più volte, ricostruiremo scatole vuote. Questa nostra splendida chiesa è una prima, grande opportunità, dobbiamo farla conoscere il più possibile. Sì, da qui si può ripartire».
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