Gestione cava di Ofena In nove sotto processo

Imprenditori accusati di truffa, sindaco e funzionari comunali di abuso d’ufficio Contestata a un imputato la tentata corruzione nei confronti della Coletti

L’AQUILA. L’inchiesta su presunte irregolarità nella gestione della cava di Ofena, che fu avviata dai carabinieri del Noe, ha portato al rinvio a giudizio in tribunale di tutti gli imputati. Resta in piedi anche l’imputazione di una tentata corruzione nei riguardi dell’ex sindaco del paese, Anna Rita Coletti, della quale è stata accolta la richiesta di costituzione di parte civile. Tutti gli imputati compariranno in tribunale il 6 novembre.

In relazione alla contestata gestione della cava ci sono Domenico Di Marzio e Rocco Di Marzio, rappresentanti della società che ha gestito la cava, il responsabile del cantiere e il direttore dei lavori, Antonio Palozzo e Cristian Salvatore, tutti originari delle province di Chieti e Pescara, i quali sono accusati di truffa per avere proceduto all’estrazione abusiva di un certo quantitativo di ghiaia. Secondo il pm sono accusati di aver effettuato un risanamento non corretto. Ci sono anche contestazioni riguardanti il mancato smaltimento di fanghi. Contestato anche l’esercizio di attività estrattiva in difformità dalla concessione avuta nel 2004.

Rinvio a giudizio con l’accusa di abuso d’ufficio anche per il sindaco del paese Mauro Castagna e gli assessori Antonio Silveri e Luciano Dionisi oltre che per il funzionario comunale Patrizio Adezio.

La Procura li accusa in quanto avrebbero attestato che la ditta Di Marzio, concessionaria uscente della cava, aveva dimostrato di possedere i requisiti per l’attività estrattiva «nonostante l’inadempimento accertato in esecuzione di obblighi».

Ma l’accusa più pesante è quella dalla quale si dovrà difendere Luigi Pagnini, concessionario dell’attività di coltivazione della cava, sospettato i istigazione alla corruzione, Avrebbe offerto un orologio Cartier di metallo al consigliere comunale di minoranza ed ex sindaco, Anna Rita Coletti, per evitare interrogazioni in consiglio comunale che avrebbero provocato controlli e intoppi. Il sospettato respinge le accuse che verranno meglio vagliate nel processo di fronte al tribunale collegiale.

Fonti di prova sono la relazione dell’Arta di Pescara, un fascicolo fotografico, e altra documentazione dei carabinieri.

Il provvedimento di rinvio a giudizio è stato firmato dal giudice per le udienze preliminari del tribunale Marco Billi su richiesta del sostituto procuratore Stefano Gallo.

(g.g.)

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