Gli architetti: «Basta risse sugli incarichi»

L’Ordine professionale commenta i dati: «Fuorviante ridurre la ricostruzione agli introiti dei tecnici»

L’AQUILA. Gli architetti dicono la loro sulla questione spinosa del cumulo degli incarichi per la ricostruzione. E lo fanno attraverso una nota dell’Ordine professionale.

«Dalla lettura dei dati citati presenti sul sito Open data ricostruzione è facile verificare il numero degli incarichi acquisiti dal singolo professionista capofila nonché il volume del contributo erogato e quindi dei progetti approvati. È possibile anche desumere l’importo delle opere eseguite.Nulla è specificato, ovviamente, sui costi sostenuti per svolgere e concludere l’insieme degli incarichi. Diverso è l’argomento relativo all’accentramento degli incarichi su cui la questione deontologica è tutta da definire. I tecnici sono comunque distribuiti in un’ampia area territoriale, il volume del Pil rimasto in città è di oggettivo interesse e ha una ricaduta consistente sull’economia locale. In merito alla questione “ritardo” nella consegna dei progetti, per quanto di nostra conoscenza, il 90% delle schede parte prima, che riguardano il Comune dell’Aquila, sono state presentate all’ufficio speciale e sono in attesa del via alla fase due (scheda parte seconda). La tardiva approvazione e promulgazione della legge sulla ricostruzione a seguito del sisma 2009 (legge 125/2015) cui si sommano le problematiche di carattere urbanistico, connesse con la determinazione delle superfici “legittime”, comportano tanti e tali approfondimenti, da ambo le parti (urbanistica e tecnica), tale da rallentare il processo di ricostruzione. Le modalità di approvazione, definizione ed erogazione dei contributi sono da sempre complesse, articolate e farraginose e per inciso segnaliamo che lo stesso percorso si sta configurando nel nuovo cratere sismico (Marche, Lazio, Umbria ed Abruzzo) le cui ordinanze risultano altrettanto contorte e burocraticamente complesse a fronte di una paventata sburocratizzazione. In Emilia non va tanto meglio, anzi. La volontà di “vigilanza” prevale sistematicamente su quella realizzativa. Problematiche di tipo retributivo/economico investono gli uffici speciali, e non crediamo sia a causa dei progettisti, il dialogo amministrazioni-uffici speciali, a lungo è rimasto a dir poco “rallentato”. Il panorama in cui si innescano strali e polemiche è, come percepibile agli occhi di chi conosce la situazione, ascrivibile a più parti che dovrebbero, a nostro parere, pensare a far funzionare la macchina in senso etico e propositivo accantonando lotte di classe e di ruoli».

«Ma a ben riflettere di cosa si parla?», si chiedono gli architetti. «Denaro, avidità, accaparramento: e la città, il territorio, il governo delle scelte? Appare tutto accantonato. Tutto è funzionale alla ricerca di coloro che si sono arricchiti, magari lavorando, svolgendo comunque una funzione sociale dove maggior lavoro ha comportato maggior guadagno ma anche una crescita professionale ed economica mai lontanamente immaginata. Pensiamo a esportare queste competenze che sono patrimonio anche delle amministrazioni coinvolte e non solo dei tecnici. Pensiamo a completare la ricostruzione “non solo edilizia” ma sociale, lavorativa e psicologica. Pensiamo a creare un futuro. Ridurre tutte le problematiche agli introiti dei tecnici ci sembra pretestuoso e soprattutto fuorviante sulla situazione in cui versa la città e non solo. Gli architetti si propongono in funzione di un ruolo di più alto respiro».

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