Grandi Rischi, critiche alle motivazioni

Parti civili deluse: «Che sono venuti a fare sette scienziati all’Aquila se poi quella riunione non aveva alcun valore?»

L’AQUILA. «Le motivazioni della sentenza? Una delusione». Chi parla è uno degli avvocati di parte civile nel processo all’ex commissione Grandi rischi, Angelo Colagrande, che ha vissuto questo processo di appello con passione al punto da emozionarsi durante il suo intervento in aula.

«Il mio giudizio», aggiunge, «nei limiti di quello che si è appreso nell’estratto di motivazione, è deludente. Ma soprattutto mi colpisce il fatto che la riunione è stata ritenuta non valida».

In tal modo si entra nella valutazione di uno degli aspetti principali che sono scaturiti dalla motivazione. Per la verità, che quella riunione «non fosse della commissione Grandi rischi» era stato uno dei cavalli di battaglia delle difese come pure degli avvocati dello Stato che è responsabile civile a tutti gli effetti.

«Ma se quella riunione non aveva alcun valore», commenta l’avvocato, «vorrei capire cosa sono venuti a fare all’Aquila quegli scienziati il 31 marzo del 2009? Che senso ha riunire per la prima volta all’Aquila la commissione Grandi rischi, con le massime autorità nel settore se poi non ha alcun valore giuridico? Ma aspettiamo di conoscere le motivazioni integrali».

«Ci sono rimasta male quando è stato pronunciato il verdetto e sono rimasta male anche conoscendo questo estratto di motivazioni».

Delusione, dunque, anche da parte dell’avvocato Wania Della Vigna, anch’essa legale di alcune parti civili. «Quelle che conosciamo sono soltanto poche pagine», commenta, «ma l’impressione è che il tenore delle motivazioni sia quello intravisto».

«Come dopo la lettura della sentenza», aggiunge, «sono motivata a proporre ricorso in Cassazione per gli effetti civili. E faccio appello anche affinché la stessa Procura generale decida di ricorrere alla Suprema Corte. Del resto nel processo di appello lo stesso sostituto procuratore generale Romolo Como aveva chiesto la conferma delle condanne di primo grado». Pene tutt’altro che lievi: sei anni di reclusione per tutti gli imputati.

Ma torniamo alla motivazione e, in particolar modo sulla valutazione giuridica di quella riunione, uno dei passaggi cardine per l’assoluzione di sei imputati su sette. Riunione che non è stata ritenuta valida dalla Corte in quanto solo 4 imputati su 10 erano componenti effettivi: Barberi, Boschi, Calvi, Eva.

«De Bernardinis partecipò alla riunione», si legge nell’estratto di motivazione, «nella veste di vice capo della Protezione civile; era funzionalmente estraneo alla Commissione; Selvaggi partecipò alla riunione su iniziativa di Boschi e da questi invitato in qualità di direttore del Centro nazionale terremoti dell’Ingv; Dolce, direttore dell’Ufficio sismico della Protezione civile, era anch’egli funzionalmente estraneo alla Commissione, pur se partecipò alla condotta di valutazione».

Ma c’è un altro punto nodale che scrimina la commissione. «L’oggetto della riunione», scrivono i giudici di secondo grado, «non può che essere desunto dalla lettera di convocazione con la quale si chiedeva un’attenta disamina degli aspetti scientifici della sequenza sismica... e ciò in contraddizione con l’imputazione che indica come obiettivo della riunione la diversa finalità di informare la cittadinanza sull’attività sismica in corso».

Tra le altre contestazioni che spuntano nell’estratto di motivazione della Corte d’appello c’è il fatto che la parola rassicurazione, termine che ha caratterizzato le requisitorie, «resta ignoto nel capo di imputazione». Domani, dunque, ci sarà la consegna delle motivazioni. Si tratta di 360 pagine di cui, però, meno della metà sarà dedicato alle conclusioni. Le restanti pagine riguardano gli interventi di accusa, difesa e parti civili e le motivazioni di primo grado.

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