I musulmani: «Nessuno tocchi don Josè»

Il consigliere straniero Gamal vuole far pressione sulla Curia per difendere il parroco di Assergi

L’AQUILA. «Andremo tutti, musulmani e associazioni straniere, dal vescovo Petrocchi, per dire no al trasferimento di don Josè in Africa perché non può essere questo il prezzo che si paga dopo aver servito umilmente la comunità cristiana».

La solidarietà al parroco di Assergi – offeso con ingiurie aggravate dall’elemento della discriminazione di tipo razziale davanti alla chiesa – abbatte gli steccati della fede religiosa. A sostegno delle sue ragioni interviene il consigliere straniero al Comune Gamal Bouchaib.

«Il razzismo», scrive Gamal, «non è solo un’offesa agli uomini ma a Dio, visto che nessuno ha scelto di nascere con un colore della pelle. E se tutto ciò non dovesse bastare scriveremo a Papa Francesco». Il consigliere esprime dissenso nei confronti della notizia del trasferimento in Africa del parroco. «Chiedo alla politica comunale e provinciale di interessarsi a un fenomeno in crescita sensibile che può dare un segnale negativo alla coscienza collettiva e siamo pronti a collaborare per una marcia della Pace purché ci siano scuse pubbliche e non infingimenti. Mi chiedo: dov’è finita l’essenza cristiana? Dove sono finiti i cristiani? Dove la politica del senso e non dei voti? Don Josè domani potrei esserlo io, per cui faremo battaglia per una questione morale ed etica e di prospettiva di un futuro migliore per tutti».

E ad Assergi si incrina il fronte dei negazionisti dell’offesa razzista. Un gruppo di parrocchiani, che per timore di ritorsioni chiede l’anonimato, scrive a sostegno del parroco. «Siamo distanti dalle spiacevoli beghe locali. Noi parrocchiani abbiamo imparato giorno dopo giorno ad apprezzare le grandi doti umane e spirituali di don Josè, che ha una profonda umile cristiana vocazione. In questi giorni per lui tanto difficili è doveroso essergli vicini quando, per correre ai ripari, si tenta di farlo passare per persona testarda, ostinata, quasi “visionaria”. È necessario respingere ogni tentativo che voglia nascondere o minimizzare quanto accaduto davanti alla chiesa, travisando la verità dei fatti anche pregressi e sminuendo l’offesa pronunciata nei suoi confronti».

La lettera prosegue così: «La verità è che si è sempre trascurato da parte di coloro che ora sono preposti a risolvere il “groviglio della matassa” di intervenire fin dall’inizio, per cercare di ricostruire tutti i passaggi, accertando la correttezza del modo di operare che ha contrassegnato dopo il sisma la nascita del Centro polifunzionale e di alcune altre attività culturali e ricreative tutte realizzate nei locali parrocchiali di proprietà della Curia aquilana. Non resta che augurarsi che ciò avvenga al più presto per arrivare a una saggia e giusta risoluzione del caso, per rasserenare gli animi ristabilendo un clima di rispettosa convivenza, mettendo così fine anche a una “guerra tra fazioni” paesane, da cui il parroco suo malgrado si è trovato a doversi difendere».

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