«I preti volevano dividerci»

Intervista a Pezzopane: sono indignata da conversazioni che mostrano uno scenario oscuro, ora si comprende l'ostilità verso il Comune. I comitati d'affari si nascondo anche sotto qualche veste talare

L'AQUILA. Si dice indignata da conversazioni «che, seppur tarate dalle millanterie, mostrano uno scenario oscuro ed inquietante».
E sconvolta dal fatto «che i comitati d'affari che puntano ad affondare i loro artigli sull'Aquila non indossano solo la "coppola", ma si occultano bene sotto qualche veste talare o colletti bianchi di sedicenti funzionari statali, che ostentano benedizioni dall'alto».
A parlare è l'assessore Stefania Pezzopane, il cui nome spunta nei dialoghi intercettati nell'ambito dell'inchiesta sulla Fondazione Abruzzo solidarietà e sviluppo. Una conversazione tra il vescovo Giovanni D'Ercole e Fabrizio Traversi dalla quale "spiccano" le strategie volte a "convincere" la Pezzopane (ovvero il Comune) ad entrare nella Fondazione e a «schiacciare», in tal modo, il vice presidente del consiglio regionale Giorgio De Matteis (Mpa).

Assessore, un pressing smisurato che evidentemente non ha sortito gli effetti sperati.
«Mi addolora dover constatare che proprio da certi pulpiti, che in più occasioni hanno ammonito la classe politica aquilana a lavorare unita per la ricostruzione, emerga un disegno opposto. Quello di incrementare conflitti, anzi di inasprirli e di strumentalizzare le divergenze politiche, solo per assecondare mire affaristiche. Leggo dalle intercettazioni che secondo Traversi e D'Ercole sarei stata intelligente, se fossi "entrata nella fondazione per schiacciare De Matteis". Evidentemente mi avranno giudicata poco intelligente, dal momento che non ho assecondato il loro disegno. Hanno tentato prima di creare delle "congreghe" traversali tra diverse parti politiche per assecondare le loro mire. Ma poi non hanno esitato a strumentalizzare le differenze politiche, quando le cose hanno cominciato a prendere una piega diversa».

Cosa prova nel leggere che il Comune veniva visto come "un fortino da espugnare"?
«Provo rabbia nell'apprendere che questo comitato d'affari intendeva usarmi come testa di ponte o cavallo di troia. E orgoglio nel non esserci fatti mai espugnare. Un "fortino da espugnare" mal si concilia con le politiche sociali o con le opere pie che la Fondazione millantava di perseguire. Dovevano essere dei folli o degli ingenui se credevano che ci saremmo prestati ai loro giochetti. Avevano probabilmente una scarsa considerazione del nostro "livello d'intelligenza", di equilibrio e di rigore. Abbiamo valutato l'inopportunità di entrare nella Fondazione, nonostante siamo stati lungamente blanditi, e ne abbiamo preso le distanze quando tutti ancora esaltavano tale realtà e criminalizzavano il Comune per il suo atteggiamento».

Una presa di distanza che ha causato problemi al Comune?
«Quando le porte si sono chiuse dai corteggiamenti siamo passati alla guerra spietata, con l'intenzione di "fare morti". Siamo stati minacciati di essere "portati in Tribunale". Dovrebbe essere a tutti più chiaro il perché di tanta ostilità nei confronti del Comune e la perenne riluttanza del sottosegretario Carlo Giovanardi a finanziare i nostri progetti, tutti su aree ed immobili pubblici e tutti a gestione pubblica. Su molte cose va fatta ancora chiarezza politica e istituzionale, non affidando alla sola magistratura il ruolo di riportare rigore nelle procedure e nelle scelte».

E i fondi Caritas menzionati nelle intercettazioni?
«Nessuno ha dimenticato la polemica di fine 2010 in cui anche in questo caso il Comune veniva ingiustamente accusato della mancata progettazione Caritas. Mi piacerebbe capire se il blocco dei fondi Caritas, secondo quelle persone, faceva parte dello stesso disegno o dello stesso ricatto. Sono consapevole di usare parole forti, ma quanto i cittadini stanno leggendo pretende chiarezza». (m.m.)

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