I tesori d’arte del Fucino in una mostra a Luco

Inaugurata nei locali dell’ex Municipio la rassegna dedicata alle divinità femminili Esposta anche una statua in terracotta risalente al terzo secolo avanti Cristo

LUCO DEI MARSI. Una miniera di tesori: ecco cos’è la Marsica. Una miniera che continua a richiamare archeologi dall’Italia e dall’estero. I tesori venuti alla luce, durante gli scavi, avrebbero potuto fare la ricchezza del territorio. Un museo, che li avesse accolti tutti, sarebbe diventato un formidabile polo di attrazione turistica. Museo che finora, però, è rimasto solo nel limbo delle intenzioni. Così i reperti sono finiti altrove. Privando la Marsica di un invidiabile patrimonio archeologico e di una straordinaria risorsa economica.

Dare la possibilità di conoscere finalmente e ammirare alcune delle meraviglie che gli scavi ci hanno restituito, dopo secoli di oblio, va ascritto a merito del Comune di Luco dei Marsi, retto da Domenico Palma. Che, in collaborazione con la Soprintendenza e l’associazione Antiqua, ha allestito nei locali dell’ex Municipio una mostra dal titolo «La riva delle dee. Divinità femminili lungo il lago Fucino». Mostra che rimarrà aperta fino all’8 dicembre. Sono esposte: tre statue di Venere, dea dell’amore e della bellezza, ma anche progenitrice, in quanto madre di Enea, della gens Iulia. Sono in marmo bianco e sono state rinvenute ad Alba Fucens, due nel 1951 e la terza nel 2008. Altre tre statue sono state rinvenute, nel 2003, a Luco dei Marsi: una Demetra e una Venere, in marmo; e un’eccezionale dea in terracotta, databile tra fine III e prima metà II secolo a.C. La divinità rappresentata potrebbe essere la dea Angizia.

Un’altra statuetta di divinità femminile, sempre in marmo, proviene da San Benedetto dei Marsi, l’antica Marruvium. Così come il piccolo vaso, in marmo, la cui iscrizione attesta, grazie alla dedica di una certa Aponia Clara, l’esistenza a Marruvium del culto della Bona dea, che «incarna il mondo muliebre e accompagna la donna in tutte le tappe della sua vita, divenendo modello e tutrice di ogni ragazza destinata alle nozze e di ogni donna pronta per la maternità o già madre» (Ceccaroni).

La mostra è stata allestita seguendo le indicazioni topografiche di un cippo in pietra, rinvenuto nel 1969, a Luco dei Marsi, nella proprietà dei fratelli De Rosa. Il cippo, anch’esso esposto, indica i tre ambiti in cui era suddiviso il territorio intorno al lago Fucino nell’antichità: Alba Fucens, Angitia e Marruvium.

C’è da sperare che l’iniziativa del Comune di Luco non resti un caso isolato. «La ricchezza dei reperti archeologici del Fucino e della Marsica», è l’appello di Flavia De Sanctis, presidente di Antiqua, che nel 2004 organizzò la mostra dal titolo “Le dee del bosco di Angizia”, «pone la necessità di un percorso organico per questi tesori, che non sia sempre occasionale e temporaneo, ma concreto e permanente per una seria valorizzazione delle nostre risorse».

De Sanctis non è nuova a questi appelli. Troverà finalmente qualcuno disposto ad ascoltarla o il suo ancora una volta sarà un grido nel deserto?

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