Il grande accusatore: «Tangenti per lavorare»

I verbali dell’inchiesta: la mazzetta per l’appalto mancato fu comunque pagata L’imprenditore Lago cercò di riottenere indietro i soldi dati per i puntellamenti

L’AQUILA. L’affidamento dell’appalto per la ristrutturazione del consorzio Altomac in centro storico è destinato a essere uno dei terreni di scontro tra accusa e difesa nell’udienza preliminare dell’inchiesta «Do ut des» fatta dalla squadra Mobile. Un’indagine che ha nel mirino alcuni puntellamenti e che vede imputati gli ex assessori comunali Pierluigi Tancredi e Vladimiro Placidi, l’imprenditore Pasqualino Macera, l’ex cerimoniera del Comune Daniela Sibilla. Accusati anche l’imprenditore Daniele Lago, rappresentante della Steda, l’ex vicesindaco Roberto Riga, il direttore del puntellamento a Palazzo Carli Fabrizio Menestò (posizione defilata) e il funzionario comunale Mario Di Gregorio.

In occasione della precedente udienza è spuntata una carta che, secondo la difesa, in qualche modo potrebbe destare qualche ragionevole dubbio su uno dei capi di imputazione: tra le contestazioni si parla di una presunta mazzetta a Riga da parte di Lago in modo che il politico interferisse nell’assegnazione dei lavori del consorzio Altomac in centro, che, comunque, non andarono alla Steda. Si tratta di fatti che si sarebbero verificati nel 2010.

E qui la carta giocata dall’avvocato Carlo Benedetti: un atto, datato 7 ottobre 2009, cioè diversi mesi prima, nel quale si attesta che i lavori sono stati affidati a un’altra ditta. Ci si chiede, dunque, che senso aveva tentare di brigare per un appalto che si sapeva essere stato assegnato ad altri in modo irrevocabile già da alcuni mesi? Insomma una sorta di «delitto impossibile». Quei lavori, tra l’altro, furono affidati a una ditta aquilana con urgenza.

L’accusa non la pensa così soprattutto sulla scorta di alcune deposizioni. Le affermazioni di un testimone estraneo ai fatti, Agostino Marcon, e Daniele Lago, sono le basi sulle quali si poggiano le contestazioni. «Ricordo che presi i soldi da Lago», disse Marcon, «e in quella circostanza mi disse che aveva una disponibilità di soli 10mila euro. Ho preso i soldi e li ho portati all’Aquila». Lago conferma il racconto di Marcon. «Ricordo che prelevai da casa la somma di 10mila euro», disse, «e la consegnai a Marcon il quale successivamente provvide al pagamento a Tancredi con l’impegno che lui li avrebbe consegnati a Riga. Tuttavia l’aggregato venne affidato ad altra impresa e allora ricordo che Marcon mi riferì di aver avuto un incontro con Tancredi e Riga durante il quale Riga confermò di avere ricevuto i 10mila euro e si scusò per il disguido offrendo di restituire il denaro». «Ricordo che della mancata assegnazione», ebbe a dichiarare Lago, «ne parlai con Riga e Tancredi e mi garantirono comunque che mi avrebbero assegnato altri lavori sempre nell’ambito della ricostruzione. Posso riferire che nonostante le promesse non ho mai ricevuto alcun lavoro». Quei soldi, secondo l’accusa, non sarebbero mai stati restituiti. A più riprese viene ripetuta da parte di Lago la consapevolezza, sulla scorta delle informazioni ricevute, che per lavorare era opportuno pagare.

Non sarà certo per quel mancato appalto, ma sta di fatto che l’udienza è stata poi rinviata all’8 luglio proprio per comunicare al curatore fallimentare della Steda, di cui Lago è stato amministratore delegato, di costituirsi nel procedimento. La Steda, come più volte asserito da Lago, già da allora era in brutte acque per una serie di altri lavori effettuati e mai pagati.

(cr.aq.)

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