Il nunzio Antonini: «Per Porta Barete è ora di decidere»

Il prelato torna sul discusso progetto di riqualificazione: «Il quadrilatero murario esiste, la città va rifatta più bella»

L’AQUILA. Da un lato la Soprintendenza col vincolo. Dall’altra i residenti che sbandierano il recente successo al Tar e vogliono partire coi lavori del civico 207 sentendosi dei «perseguitati». Sì o no? Il progetto di Porta Barete alimenta il dibattito. Ecco cosa ne pensa uno dei fautori del recupero, il nunzio apostolico a Belgrado Orlando Antonini studioso di architettura religiosa.

Il progetto è sempre più divisivo tra pro e contro. Ne è scaturita anche un’inchiesta giudiziaria dopo un esposto in Procura. Vale la pena, allora, continuare a sostenerlo? E, se sì, perché?

«Non direi divisivo. Si tratta di un dibattito. Un dibattito culturale e civico, che quindi vede opinioni diverse e legittime. Esso viene complicato dagli interessi pubblici e privati che entrano in gioco e dagli altrettanto inevitabili ricorsi e inchieste, ma resta pur sempre un dibattito culturale tra chi vuole una ricostruzione dell’Aquila “dov’era e com’era” e chi invoca una ricostruzione della città “dov’era ma più bella di com’era”. E ciò, come ho scritto più volte e ripetuto, tanto per un’esigenza estetica quanto per una utilitaristica: la ripresa economica del territorio. Una città più bella si fa più attrattiva ai flussi turistici, visto che oggi l’unica vera risorsa dell’Abruzzo Aquilano sono la natura e il patrimonio architettonico e artistico, più – per la città – il potenziamento del polo universitario. La riqualificazione dell’area di Porta Barete è solo uno dei tasselli di tale proposta. Abbiamo avuto dalla nostra parte fin dal 2013, inizio del dibattito, innumerevoli autorevoli consensi: il professore Alessandro Clementi, il professore Fabio Redi, le associazioni culturali e i movimenti civici che ben si sanno, di raggio sia locale che nazionale – ultimo il Fai, che ha raccolto ben 11518 voti di cittadini – 38 professori universitari, gran parte del consiglio comunale sia di maggioranza che di opposizione. Vale dunque la pena, eccome, di continuare a sostenere il progetto di riqualificazione, non solo dell’area di Porta Barete ma dell’intera cinta muraria, dell’intero centro storico. Diversamente, L’Aquila diverrebbe un grosso borgo e, per deserto occupazionale, la nostra gioventù se ne andrebbe via altrove».

Oltre ai residenti contrari, l’autorevole voce dello storico Raffaele Colapietra ha stroncato il progetto parlando di “una cosa che non esiste” e di “speculatori che alzeranno un grosso edificio sul niente”. Cosa ne pensa?

«Ma abbiamo la voce, altrettanto autorevole, di un altro storico aquilano, il professore Alessandro Clementi, nonché del professore Fabio Redi e ulteriori studiosi, che pensano il contrario. Non saprei cosa si intenda quando si parla del “grosso edificio” che non meglio specificati speculatori innalzerebbero. Semmai, noi saremmo per la delocalizzazione, quando possibile, o almeno la decurtazione e adeguamento del disegno esterno di tutti gli edifici incongrui col carattere del centro storico sorti lungo tutto il circuito murario dagli anni Sessanta in poi. Altro che innalzamento di grossi edifici. Ma non è che, nel vedere alcuni renders di Antonello Buccella, si sia frettolosamente scambiato il caseggiato del civico 207 con il “grosso edificio” che innominati speculatori intenderebbero edificare entro l’ante-murale? Diverso è il caso dei residenti. Con in mano l’autorizzazione e il finanziamento alla demolizione e ricostruzione “dov’era e com’era” del loro immobile, era naturale il loro sconcerto nel venire a sapere, magari in maniera poco canonica, che il loro palazzo era stato costruito sul solo ante-murale rimasto in città e su un sito che la Soprintendenza, intervenuta necessariamente al momento della scoperta dell’esistenza del bastione interno dell’anti-porta, ha trovato e dichiarato di alto interesse archeologico, apponendovi il vincolo. Spero vivamente che il Comune, come è riuscito a risolvere altri casi, possa risolvere al più presto possibile anche questo increscioso caso di Porta Barete – si dice Porta Barete per semplificazione, intendendo in realtà e propriamente l’ante-murale di Porta Barete, con l’anti-porta e i tre torrioni». E la Porta Barete che “non esiste” più?

«Qui c’è un grosso equivoco. La Porta Barete “che non esiste” è solo la Porta Barete interna, non quella esterna o anti-porta. La Porta interna, monumentalissima, cadde nel 1703 e non fu più ricostruita, le sue fondazioni si trovano sotto il terrapieno di via Roma. Di essa nessuno di noi si è sognato di proporre la ricostruzione. Noi ci riferiamo – lo si dica una volta per tutte – all’anti-porta ogivale trecentesca che dà su via Vicentini, e al quadrilatero murario e piazzetta d’armi su cui insiste il civico 207, quadrilatero che si protende in avanti dalle Mura Urbiche quale fortificazione ante-murale. Sono ancora lì il torrione Nord, purtroppo danneggiato dal terremoto, e il torrione interno, riscoperto con lo scavo archeologico e costruito in belle solide pietre squadrate. Manca soltanto il torrione Sud, che fu mozzato e interrato quando circa il 1823 vi si sovrappose il terrapieno di via Roma e quando negli anni Settanta, con la costruzione del ponte su via Vicentini, fu balordamente raso al suolo per costruire la scala che dall’attuale quota di via Roma scende su via XX Settembre; ma ve ne rimangono le fondazioni. Tutte queste strutture sono lì, le si vede con gli occhi e le si tocca con le mani, non ce le ho messe io, altro che invenzione: sono cose che esistono, per chi vuol vederle. La cinta muraria aveva due ante-murali, uno per ciascuno degli ingressi principali alla città: davanti a Porta Barete e davanti a Porta Bazzano. Nella ricostruzione settecentesca, a Porta Bazzano fu rifatta solo la porta interna (quella 1705 monumentale del Porani che vediamo), mentre l’anti-porta non fu ricostruita e il quadrilatero ante-murale eliminato; a Porta Barete, non si sa perché, si fece il contrario: fu mantenuta la porta esterna con tutto il quadrilatero antemurale ma non fu rifatta la Porta interna. Io però sono soltanto un amatore di architettura e urbanistica, non un professionista. Giudichino quindi i professionisti. Tempo fa è stata data un’affollata apposita conferenza sui ritrovamenti archeologici del sito. La Soprintendenza ha dichiarato l’area sito di “alto interesse archeologico” e vi ha apposto il vincolo. Lo avrebbe forse apposto sul nulla?»

Davvero questa è da considerarsi come una delle priorità per L’Aquila a 6 anni dal sisma?

«Il caso di Porta Barete è sorto puramente e sempliceente perché a inizio 2013 si iniziarono i lavori di allargamento di viale Corrado IV, di cui via Roma è continuazione. Il 24 giugno proposi all’amministrazione di profittare dell’occasione per eliminare il terrapieno ottocentesco e riscoprire così la fortificazione antemurale semi-sommersa dal terrapieno medesimo. Nessuno me ne aveva dato l’incarico: ho fatto la proposta avvalendomi del mio diritto di cittadino, di cittadino aquilano extra del Quarto di San Giorgio, e la competenza in merito non me l’attribuisco io, me l’attribuisce la critica. Però di sicuro la priorità delle priorità è ridare vita al centro storico dall’asse centrale della città – il Corso, Piazza del Mercato con la Cattedrale (auspico vivamente la soluzione di quest’ultimo problema), e Piazza Palazzo con Palazzo Margherita, fino alla Fontana Luminosa – andando al resto del tessuto urbano. Anche di questo ho scritto e detto più volte».

In cosa consiste il progetto e chi – e con quali fondi – dovrebbe realizzarlo?

«La nostra proposta progettuale, da tradurre in progetto vero e proprio, è già chiaramente nota dai renders e spots di Antonello Buccella pubblicati fin dal 2013: riapertura al transito pubblico dell’antiporta e dello spazio successivo; rimessa in vista del tratto di Mura pubbliche oggi nascoste da una risega in cemento sotto il ponte di via Vicentini; rialzo con muratura riconoscibile del torrione Sud; riallaccio delle Mura urbiche scavalcando con arcate via XX Settembre; eliminazione del terrapieno di via Roma. Alla Soprintendenza il compito di riprendere lo scavo archeologico, interrotto l’anno scorso per mancanza di fondi, e svuotare il torrione interno dei detriti che l’hanno riempito, nonché di riscavare il corpo di guardia e restaurare il torrione Sud e le attigue Mura. Quanto alla spesa, mi consta che l’amministrazione comunale è stata autorizzata a usufruire dei fondi Cipe».

Come le istituzioni possono mettere insieme le varie posizioni sulla controversa questione?

«Lo possono e lo stanno già facendo con successo e senza soverchi problemi nella zona stessa di Santa Croce e nel tratto della cinta muraria dal convento di Santa Chiara a Porta di Bagno: cioè negoziando ufficialmente le possibili soluzioni coi cittadini interessati. Lascio ad altri di indagare il perché nel caso di Porta Barete non si sia ancora arrivati ad analoga composizione».

Può essere utile una consultazione tra i cittadini?

«Mi sembra che la consultazione cittadina sia già avvenuta, e ampiamente. Si sono svolte due assemblee, alla prima delle quali potetti partecipare anch’io, nel novembre 2013. In Comune, nel dicembre 2014, dopo lunga discussione fu approvato un ordine del giorno. Di recente, come già ricordato, ben 20 consiglieri con un’iniziativa bipartisan sono scesi di nuovo in campo. Ci si è confrontati sulla stampa e sui mezzi telematici. Quasi 12mila cittadini si sono sottoscritti al Fai; per non parlare del popolo di Facebook. Che occorre di più? Adesso è solo tempo di decisioni. Anche per non prolungare oltre il disagio dei residenti del civico 207».

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