Il palazzo Nervegna torna a splendere

Capitignano, completato il restauro di uno storico immobile. Per i lavori ci sono voluti un anno e mezzo e 2 milioni di euro

CAPITIGNANO. La torre, la cicogna e il cappello di monsignor Giuseppe sono gli elementi principali dello stemma dei Nervegna che si intravede sulle architravi o nascosto tra le decorazioni parietali all'interno del palazzo di famiglia a Pago, una frazione di Capitignano. Una struttura a pianta rettangolare, su tre livelli, immersa nel parco nazionale dei monti della Laga, gravemente colpita dal terremoto e restaurata con la supervisione della Soprintendenza, attraverso l'architetto Gianfranco D'Alò. I lavori, cominciati a settembre 2012 e terminati ad aprile 2014, sono costati circa due milioni di euro e hanno permesso di riportare all'antico splendore le decorazioni pittoriche che prima del terremoto si presentavano fortemente degradate o addirittura non visibili a causa di scialbi che le ricoprivano completamente.

PERTINENZE. Davanti al palazzo diversi locali di pertinenza, ancora in attesa di ristrutturazione, e un ampio giardino curato nei dettagli dal signor Paolo Nervegna arricchiscono l'edificio testimone di un passato ormai lontano. «Il palazzo si inserisce in un contesto paesaggistico molto interessante insieme a tutte le sue dipendenze che, al di là del danno sismico, sono perfettamente conservate» dice D'Alò «e restituiscono un quadro autentico delle caratteristiche rurali tipiche della regione, senza interventi successivi decontestualizzati, come è accaduto in altre parti del territorio, dove questa bellezza è stata in qualche modo inquinata soprattutto negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta».

PIANO TERRA. Al piano terra un corridoio con pavimento in pietra arenaria in basoli di grosse dimensioni porta nelle stanze del "lavoro", dove la pavimentazione in cotto è stata in parte ricostruita «col principio del minimo intervento» come tiene a specificare l'architetto D'Alò. In queste stanze è ancora conservato un tornio originale, un granaio e un forno per il pane con incisa nella pietra, del cornicione intorno alla struttura, la data del 1797. Su uno dei portali d'ingresso è chiaramente leggibile il cristogramma bernardiniano "IHS", mentre sulle pareti sono quasi nascoste delle porticine in legno con le loro chiusure in ferro, tutte originali: gli sportelli di dispense che prima del terremoto erano piene di vivande.

PIANO NOBILE. Ma quello che più colpisce, entrando nel palazzo, sono i colori delle decorazioni parietali, che accolgono l'ospite fin dalla scalinata in pietra arenaria che conduce al piano nobile. Un giardino con tanto di fiori e uccelli realizzato completamente in tempera tra 1700 e 1800 e rimasto nascosto per anni sotto ad una serie di mani di pitturazione di colore unico, risalenti al secolo scorso, è stato riportato alla luce grazie a uno studio approfondito di alcuni bozzetti dello stesso decoratore. In basso, in primo piano rispetto al giardino, il disegno di una staccionata di legno e di un cane a guardia della casa. Per tutta l'altezza delle scale una lunga porta in legno, ormai vuota, nascondeva i pesi per un orologio che era posizionato all'esterno e che aveva anche la funzione di meridiana. Un orologio che non è stato possibile recuperare, testimoniato però da una cornice a stucco di forma circolare sulla parete esterna del palazzo.

LA CAPPELLA. L'oro e l'azzurro sono i colori predominanti nella cappella di famiglia, a fianco alla quale ancora è possibile suonare la campana per richiamare alle celebrazioni.

LE SALE. Lo stesso azzurro utilizzato nella sala principale del piano nobile dove la fa da padrone un gusto teatrale: quasi come su un palcoscenico, infatti, sono spiegati tendaggi con decorazioni in oro che sulle porte si aprono e si alzano in drappeggi realizzati con sapienza. Nella sala a fianco, invece, predominante è il rosso porpora. «Un colore che è stato difficile restituire alla sua bellezza» continua D'Alò «a causa delle infiltrazioni. La volta, infatti, era realizzata in foglia di mattoni e aveva dunque uno spessore molto sottile. E' stato perciò necessario intervenire per rafforzarla». Interventi difficili da cogliere per un occhio poco esperto. Su tutto il perimetro del palazzo, infatti, corre una "piattina" che serve da catena di rinforzo.

CAMERA DA LETTO. Il gusto cristiano sembra intrecciarsi con quello neoclassico, in questo palazzo realizzato dopo il terremoto del 1703, ma decorato probabilmente negli anni successivi: al centro del soffitto della stanza da letto fanno capolino Amore e Psiche, un affresco probabilmente ottocentesco.

GLI INFISSI. Le finestre si affacciano quasi tutte su balconcini «dove si è scelto di lasciare il ferro battuto originale, applicando un prodotto che ne blocchi il processo di ossidazione» continua l'architetto. Anche i lampadari in ottone sono in parte originali, con lunghi bracci per sorreggere le candele. Gli infissi, di un verde brillante, risaltano sul bianco crema dell'esterno «un colore solamente ripulito» come dice D'Alò «su cui non è stato necessario fare interventi impattanti». Verdi anche le porte interne, ancora settecentesche in gran parte. I colori di un altro tesoro restituito alla collettività dopo il terremoto, che presto sarà visitabile grazie a una convenzione con il ministero per i Beni culturali.

Michela Corridore