Il ricordo con i versi di Ludovici 

La poetessa: «Li offro alla mia città come atto d’amore inestinguibile»

Vi ho portato via ciò che avevate di più caro: la luce dei vostri occhi.
La morte annulla il significato della vita
La morte è la vera vita?
Nel nostro ieri, il silenzio.
Silenzio
Scorre come un fluido mortale
nelle vene della città morta,
lucchetto al rombo della vita,
pieno di fascino e mistero.
Silenzio.
Attrae come una fredda calamita
il garrulo volteggiare delle rondini,
cerchio sereno nell’azzurro immobile,
eterea bellezza del mattino.
Silenzio.
Avvolge come un grigio sudario
le piazze, i giardini, le mura già testimoni di un antico orgoglio,
fiera canzone del divenire. Silenzio.
Riempie come un canto angoscioso
i cuori ammutoliti e le menti stravolte,
inizio e fine di un ciclo,
figlio canuto del destino.
L’angelo nero dei caduti
ha chinato il capo
raccogliendo sulle mani
le lacrime degli occhi del cielo,
il suo sospiro è il nostro,
il suo dolore è il nostro.
Silenzio.
Il coro sguaiato di sinistre risate e di urli gioiosi, le iene e gli sciacalli.
Andava al passo l’anima mia
nell’assoluto silenzio irreale,
appena scalfito da un lieve sospiro.
Cercava la grazia lieta,
il coro divino e rasserenante,
il sorriso piacevole e leggero
del cielo e della primavera.
Ha trovato il volto senza luce
dell’uomo e del suo regno,
le reliquie del principio e della fine.
Ha chiuso il suo sentire
nel rifugio della solitudine,
nell’alveo della tristezza.
Nell’ora del tormento,
stillando calde lacrime
nel desolato abbandono,
ascolta le lugubri risate
delle iene,
gli schiocchi ripugnanti
degli sciacalli.
...nel nostro oggi...il ricordo...
Una mano d’ombra nasce
dall’isola dei gelosi ricordi,
protesa sul pianto dell’anima
sfrigola, riverbero palpitante
sulla spianata del silenzio.
Ventila la neve del mio inverno
nel suo bianco fioccare
sul sonno in cerca del nitido sogno
che sciolga da fatiche e pene,
dalla brina dei freddi anni.
Velato è il remoto giorno,
la tellurica luce d’alba boreale,
spezzate le ali del pensiero,
chiusi in valigia i bei ricordi,
sedate le passioni e la speranza.
Sì, ora ricordo...ricordo...
il rombo soffocato e il boato sordo
della mia paura,
il tremore del suolo sulle prime lieve,
dipoi forte e dopo fortissimo
a schiacciare il fondo oscuro d’ogni mente,
il sussulto che dall’incubo non sveglia.
In alto,
la calma perfetta del turchino cielo,
una piega amara a scintillare di stelle,
in basso,
il grido di raccapriccio della massa,
il lutto dell’Aquila caduta a pezzi
ai piedi dell’Ombelico scosceso.
Il cuore è campo d’aurorale battaglia,
cedere non vuole alla sua sorte,
all’angusto tempo dell’incerto vivere,
l’indice di fragilità tramuta in resilienza
di storie d’amore e di vita, in tammurriata.
… e l’attesa.
Mi sveglio di soprassalto, il cuore a mille, il sudore acre d’ansia e paura.
M’accendo una paglia, lo sguardo al fondo del caffè che non invita.
Oggi è giorno di visita: la vita può attendere.
Il vento soffia stanco sulle tombe del cimitero
Mi stringo nel cappotto.
Qui, nessuno ascolta. Si parla, soltanto.
Nel silenzio, anch’io parlo.
Del nostro amore, che vive per l’eternità.

*poetessa
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