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Imu alle case degli emigranti i sindaci divisi sugli aumenti

PRATOLA PELIGNA. Sono stati attaccati dai loro emigranti che li hanno accusati di voler costringere chi ha ancora una casa in Italia, a venderla e a spezzare uno degli ultimi legami che li lega con...

PRATOLA PELIGNA. Sono stati attaccati dai loro emigranti che li hanno accusati di voler costringere chi ha ancora una casa in Italia, a venderla e a spezzare uno degli ultimi legami che li lega con la terra natìa. Sono i sindaci del centro Abruzzo che hanno applicato alle case degli emigranti la tassazione più alta considerando quelle abitazioni come seconde case. C’è chi addossa le responsabilità alla legge e chi invece si dice pronto a rivedere le aliquote. «L’Imu è ancora a carattere sperimentale ed esiste la possibilità che vengano modificati la normativa e gli importi che i Comuni devono riversare allo Stato», spiega il sindaco di Introdacqua, Giuseppe Giammarco, tra quelli che, almeno per il momento, hanno detto no alle richieste del presidente dell’associazione emigranti canadesi, Aldo Di Cristoforo, di abbassare le aliquote, «e per questo abbiamo deciso di aspettare, anche se è nostra intenzione accogliere le istanze dei nostri emigranti appena la legge diventerà definitiva». Il sindaco di Introdacqua ha evidenziato che, cambiando le cose in corso d’opera, si sarebbero creati dei problemi di carattere contabile, visto che la prima rata è stata già pagata e calcolata come seconda casa. Hanno detto no alle richieste di ricalcolo dell’aliquota dell’Imu dei residenti all’estero, anche gli amministratori del capoluogo della Valle Peligna. «Sulmona è il Comune dove chi possiede una seconda abitazione paga meno», sottolinea Fabio Federico, «abbiamo l’aliquota più bassa d’Abruzzo e tra le meno afflittive d’Italia. Sicuramente più bassa rispetto a quella che viene applicata a Pratola. Prometto agli emigranti che la nostra prima preoccupazione sarà quella di equiparare le case dei sulmonesi residenti all’estero a quelle dei nostri residenti». Raiano è uno dei 12 Comuni del Centro Abruzzo che hanno accolto le richieste dei loro emigranti. «Indurli a perdere anche uno degli ultimi legami come può essere la casa dei loro avi», spiega il sindaco Marco Moca, «significa togliere la possibilità ai loro figli di continuare a sentirsi italiani». Il nostro è stato solo un piccolo aiuto per evitare tutto questo”.

Claudio Lattanzio

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