Inchiesta Di Nino, legali all’attacco

L’azienda nel mirino per truffa ed estorsione: «I soggetti che ci accusano sono inattendibili»

PRATOLA PELIGNA. «È stato assolutamente inopportuno aver divulgato simili notizie in considerazione che è stato notificato un mero avviso di conclusione delle indagini preliminari. E che dalla Procura potrebbero archiviare il procedimento penale».

I legali della Di Nino Trasporti vanno al contrattacco e, dopo aver respinto fermamente ogni accusa, contestano l’operato degli inquirenti. «L’avviso di conclusione delle indagini», sottolineano in una nota gli avvocati Vincenzo Margiotta, Antonio Larussa e Antonella Di Nino, «è un atto di garanzia dell’imputato attraverso il quale lo stesso, avendo la discovery integrale di tutti gli atti dell’indagine, può esercitare attività difensive, le quali potrebbero spingere il pubblico ministero ad archiviare il procedimento penale. E infatti la pubblicazione irrituale sui giornali di un comunicato stampa, inviato a centinaia di persone all’esito della notifica di una informazione di garanzia, rappresenta, oltre che una gravissima lesione del diritto di difesa dell’indagato, una grave e volontaria distorsione del sistema processuale penale che deve avere quale terreno di discussione l’aula di un tribunale e non il giornale». «A ciò», proseguono i tre legali, «si deve aggiungere che le dichiarazioni accusatorie provengono da soggetti inattendibili, con comprovati motivi di astio nei confronti degli indagati. Si tratta di imputazioni infondate che verranno sistematicamente smontate attraverso produzioni documentali e testimoniali da offrire all’ufficio di Procura procedente».

L’inchiesta avviata contro la Di Nino Trasporti vede indagate 15 persone, tra cui Piero e Stefano Di Nino, titolari dell’azienda. Diverse le accuse: estorsione, falso e truffa ai danni dello Stato, favoreggiamento personale e voto di scambio. L’inchiesta è stata chiusa nei giorni scorsi al termine di due anni di indagini, portate avanti dalla polizia stradale dell’Aquila, in collaborazione con gli agenti di Sulmona e Pratola, sotto la direzione del sostituto procuratore Aura Scarsella. In particolare i Di Nino sono accusati di avere costretto gli autisti a turni di lavoro massacranti e all’utilizzo di cronotachigrafi manomessi su almeno 20 veicoli. Nel corso delle indagini sarebbe emerso che alcuni dipendenti e i loro familiari, durante le elezioni provinciali del 2010, sarebbero stati obbligati a votare per Antonella Di Nino, figlia di Piero (eletta col Pdl e attualevicepresidente della giunta Del Corvo). In caso contrario avrebbero rischiato addirittura il posto di lavoro. La Di Nino non è indagata.

Intanto, dopo le dichiarazioni della Rsu che parlavano di un’azienda che ha sempre rispettato i lavoratori e il contratto di lavoro, arrivano quelle dei vertici regionali dello stesso sindacato, diametralmente opposte. «Non siamo ovviamente in grado di giudicare se le pesanti accuse siano riscontrabili in fatti concreti ed insindacabili, ma possiamo certamente affermare che il nostro rapporto con l’impresa iniziato circa due anni fa è stato alquanto difficile e complicato, fino a interrompersi quasi completamente dopo qualche mese».

Ad affermarlo in una nota sono il segretario generale regionale della Filt Cgil, Franco Rolandi, e il segretario provinciale, Domenico Fontana. «Durante il periodo di contrattazione», sottolineano i sindacalisti, «siamo stati costretti a constatare che l’azienda, utilizzando strumentalmente il tema della crisi come pretesto, voleva riconoscere ai lavoratori indennità inferiori rispetto a quanto previsto dal contratto nazionale di lavoro e soprattutto abbiamo avuto più di una perplessità sui corretti tempi di guida occorrenti per completare ciascun viaggio».

Claudio Lattanzio

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