Ines, una lunga vita segnata dalla storia

Il terremoto del 1915, la morte del marito in Russia, 3 figli da crescere, il sisma del 2009

 Il 13 luglio, Ines d'Alessandro, mamma dell'ex sindaco dell'Aquila e attuale capogruppo Pdl in consiglio comunale Enzo Lombardi, compie cento anni. La sua è una storia che attraversa tutto il Novecento con i suoi drammi e le sue sofferenze. Ma cominciamo dai tempi più recenti. 2009. Il 6 aprile 2009, nella notte della tragedia dell'Aquila, Ines D'Alessandro si trovava nell'appartamento del figlio Enzo Lombardi all'Aquila in via dei Giardini. Si è salvata per un puro caso. «Ero in camera da letto quando ho sentito un forte colpo» ricorda oggi la signora Ines «è caduto un vecchio armadio, di quelli con lo specchio sulle ante, ed è finito proprio ai piedi del letto. Mi ha fatto saltare per aria! E poi i calcinacci che cadevano. Ho avuto paura. Fortunatamente sono rimasta illesa. Immediatamente siamo usciti, con Luisella ed Enzo, in strada. Per un momento mi è tornato in mente il crollo della casa di Castel di Ieri la notte del 16 ottobre del 1915. Mi è venuto da piangere». Dopo circa trenta ore passate nel cortile del Centro Celestiniano, all'interno della Fiat Panda della nuora Luisella, è stata portata via dagli uomini della Protezione Civile. Quando un giornalista inglese della Bbc, giunto all'Aquila in quelle ore, le chiese come aveva passato il tempo durante la prolungata attesa dei soccorsi, Ines rispose: «Lavorando all'uncinetto». LA STORIA. Ines D'Alessandro in Lombardi, è nata a Castel di Ieri il 13 luglio del 1911 da Vincenzo e da Luigia Aloisantonj. Ha vissuto all'età di quattro anni il dramma del terremoto della Marsica che si verificò la mattina del 13 gennaio del 1915. Il fabbricato dove viveva la sua famiglia a Castel di Ieri, di proprietà della famiglia Aloisantonj (la più antica famiglia di notabili del paese il cui stemma è presente ancora sopra l'arco della porta principale) quel giorno non crollò.  Un tecnico del Genio Civile dell'Aquila, incaricato di certificare la stabilità dell'immobile dichiarò: «Se tutti i fabbricati di Castel di Ieri si trovassero in queste condizioni non si emetterebbe alcuna ordinanza di sgombero». La famiglia continuò a vivere nello stabile non sapendo dove andare, anche se il sindaco del paese, il dottor Francesco Ricotta, aveva emesso cautelativamente l'ordinanza di sgombero. Il 15 ottobre 1915, alle 5 del mattino, mentre tutti dormivano si verificò il cedimento strutturale con crollo del fabbricato. In un attimo, collassò una parte dell'edificio di tre piani, travolgendo tutti i residenti. Nel fabbricato vivevano 7 famiglie. Vi trovarono la morte due sorelle di Ines, Giselda di 7 anni e Rachele di 6 anni. Morì anche la collaboratrice domestica, Domenica Sambenedetto di 70 anni. Della famiglia si salvarono Luigia e Vincenzo D'Alessandro e i figli Ines, Maria e Tonino. In tutto in quel palazzo ci furono sei morti. LA CASA PROVVISORIA. La ricostruzione a Castel di Ieri, come in tutti gli altri Comuni che oggi chiameremo del cratere, iniziò con notevole ritardo, a causa dell'entrata in guerra, il 24 maggio 1915, dell'Italia contro l'Austria. Dopo varie richieste e sollecitazioni rivolte all'onorevole Erminio Sipari, furono realizzati sette alloggi. Cinque furono assegnati, nel 1926, un assegnatario rinunciò perché nel frattempo era emigrato, un alloggio non fu assegnato alla richiedente Luigia D'Alessandro, perché secondo la commissione aggiudicatrice non aveva i requisiti. Il 15 gennaio 1926 dopo aver appreso dell'esclusione dall'assegnazione, mamma Luigia non sapendo a chi rivolgersi per eliminare quella che riteneva una palese ingiustizia, scrisse direttamente alla regina Elena: "Sua Maestà la Regina, spero che vorrà perdonare il mio grande arbitrio, ma sono distrutta dal dolore e dalla grande necessità. Io povera danneggiata dal terremoto che fece il 13 gennaio 1915, imploro dalla Sua Maestà una grazia tanto necessaria. In seguito al terremoto se ne cadde la casa dove abitavano due mie figlie e una zia, e tutto quanto vi era dentro. Quante lettere abbiamo scritto per avere il sussidio, per far costruire le casette economiche! Finalmente dopo tanto colle nostre spinte si è riuscito a far costruire dette case, e per farle costruire abbiamo dovuto procurare anche il sito... Preghiamo il Signore, il quale spingerà Sua Maestà a premurare presso il ministero dei lavori pubblici, il quale ci rimetterà nell'elenco. Spero di ottenere questa grazia». Sembra una lettera scritta oggi.  La segreteria della Regina interessò il prefetto dell'Aquila e il 26 febbraio 1927 chiese al sindaco il riesame delle graduatorie. Fu deliberata l'assegnazione della casetta antisismica, e nel 1927 la famiglia D'Alessandro ebbe l'alloggio. Erano passati 12 anni dal sisma. MARITO IN GUERRA. La vita di Ines è stata segnata da altri drammi.  Rimasta vedova a trent'anni per la perdita del marito ha dovuto crescere da sola tre figli: Ileana, Marco e Enzo. Suo marito, Aldo Lombardi, classe 1911, partì il 17 agosto 1942 per la campagna di Russia col Nono Reggimento Alpini, Battaglione L'Aquila, facente parte del Corpo di Spedizione Italiano. Nella motivazione della Medaglia di Bronzo al Valor Militare si legge: «Travolto dalla preponderanza avversaria, scompariva nella mischia». Il suo corpo non è stato mai trovato. Ines ha speso una vita per cercare notizie di suo marito, rivolgendosi per anni alle istituzioni e scrivendo ai commilitoni di Aldo superstiti e al maggiore Boschis, comandante iniziale del battaglione L'Aquila.  L'epilogo si è avuto quando il Ministro della Difesa nel 2002 ha comunicato «alla famiglia del soldato Aldo Lombardi» ciò che segue: «Dagli esiti di ricerche effettuate negli Archivi dalla Commissione Interministeriale Atti Giuridici Caduti in Guerra e dai controlli e riscontri effettuati nella documentazione custodita da questo ministero è emerso che il Soldato Lombardi Aldo, già dichiarato disperso, è stato catturato dalle forze armate russe, internato nell'ospedale 3926 di Akbulak nella regione Orfmburg, dove è deceduto il 18 marzo 1943». La speranza di poterne recuperare e rimpatriare resti mortali è destinata a rimanere tale in quanto i nostri Caduti sono stati sepolti in fosse comuni unitamente a quelli di altre nazionalità rendendo così impossibile l'identificazione dei resti.