Intesa su regole economiche e clima

Trasparenza e messa al bando dei protezionismi per uscire dalla crisi.

L’AQUILA. Qualche lieve scossa sismica e gli echi delle polemiche, che si sono avvertiti per tutto il giorno negli spazi assolati e nelle sale stampa della caserma della Guardia di Finanza di Coppito, non hanno turbato la prima giornata del G8 all’Aquila. Grazie anche agli apprezzamenti di Obama sull’organizzazione e alle emozioni dei Grandi davanti ai centri storici feriti o distrutti dal terremoto, il vertice è stato probabilmente superiore alle aspettative di chi temeva una sorta di disastro annunciato. Sulla lunga lista di dossier in agenda, dall’economia al clima, dall’aiuto allo sviluppo e all’Africa in particolare, fino ai grandi temi di politica internazionale, i leader della Terra sono avanzati in formazione compatta. Obama superstar.

Per la presidenza italiana del G8 questa prima giornata è andata bene. Ma per Barack Obama è andata ancora meglio. Un vero mattatore, nel chiuso delle sale del vertice - come è ovvio per un presidente Usa - ma anche e soprattutto tra la gente dell’Aquila e di fronte alle rovine del capoluogo abruzzese ferito. In maniche di camicia, ha stretto mani, ha osservato il Duomo, un gioiello ormai traballante, e la Prefettura crollata, ha parlato con quella tipica disinvoltura che ha incantato tutti. Yes We Camp. Parafrasando il famosissimo slogan della campagna elettorale di Obama, gli sfollati dell’Aquila insoddisfatti di come sta andando la ricostruzione, l’hanno modificato con un «Yes, we camp!» scritto a caratteri cubitali con lettere di plastica sulla collina di Roio, che domina una parte della città, zona del summit compresa.

Poi, ancora, gli attivisti dei comitati cittadini hanno srotolato uno striscione con la stessa scritta al passaggio del convoglio presidenziale Usa diretto al centro storico terremotato. E’ stata l’unica vera forma di protesta al summit, a parte mugugni e un po’ di malcontento qua e là tra chi è stufo di vivere nelle tendopoli. Economia e finanza. La crisi c’è, e i rischi per la stabilità economica e finaziaria pure, nonostante qualche segnale positivo. I leader del G8 riconoscono il problema, approvano la Dichiarazione economica e compiono così un passo avanti sulla creazione di regole globali comuni per l’economia e la finanza improntate alla trasparenza e contro il «protezionismo di ogni genere. Ci vorrà ancora del tempo per passare dai principi alle norme concrete: l’appuntamento è fissato a Pittsburgh, in autunno, per il G20. Ma un altro principio è chiaro: la crisi ha una «dimensione sociale» e le persone vanno messe «al 1º posto».

Clima. Anche sui cambiamenti climatici è stata raggiunta «una posizione comune». Europa e Stati Uniti, ha annunciato il premier Silvio Berlusconi, «sono fermamente per la riduzione dell’emissione di anidride carbonica» anche se la data di entrata in vigore dell’accordo è ancora in discussione: 2020 o 2050. Ma il problema è tutt’altro che risolto. Ora bisogna attendere il confronto di oggi con Paesi come Cina e India, tradizionalmente ostili a misure di contenimento come la «carbon tax», nel timore che possano penalizzarne lo sviluppo. Peserà, in ogni caso, l’assenza del presidente cinese Hu Jintao, costretto a rientrare in anticipo a Pechino, la notte scorsa, a causa del massacro nello Xinjiang. Africa e sviluppo. I Grandi hanno confermato l’impegno per la lotta alla povertà, in particolare per quanto riguarda l’Africa, uno dei cavalli di battaglia della presidenza italiana.

Nel documento su «Africa e Sviluppo» si riafferma la necessità di rispettare quanto deciso a Gleneagles sugli aiuti per il continente, di ridurre l’impatto della crisi e favorire la sicurezza alimentare. Un impegno che per l’Africa si traduce nell’«all’aumento, insieme con gli altri donatori, di 25 miliardi di dollari l’anno entro il 2010 rispetto al 2004». Nuovo appuntamento per Berlusconi. Il G8 è ancora alla sua prima giornata ma Berlusconi guarda già oltre e programma un nuovo summit, di nuovo all’Aquila, incassando anche il giudizio positivo di Gordon Brown che, forse, ha fatto passare in secondo piano le critiche feroci della stampa estera e dei britannici in primo luogo. Parla di una sorta di G8 «miracolo» e promette case per tutti prima dell’inverno, anche se per i centri storici ci potrebbero volere anche 5 anni.