«L’antica chiesetta di San Vittorino dev’essere salvata»

Appello dei residenti per il ripristino della struttura Cialone (Italia Nostra): «Un peccato lasciarla all’incuria»

L’AQUILA. Gli anziani del posto la chiamano Santa Maria deju ponticiju. La chiesetta ai piedi del colle si trova sulla strada che conduceva al santuario di San Vittorino martire ed è uno dei tanti tesori nascosti del territorio. Uno dei più piccoli, di quelli per i quali ancora non si parla di lavori di restauro, nonostante i danni subiti dal terremoto. È per questo che i residenti sono preoccupati delle sorti della struttura medievale che sorge a poca distanza dall’antica città romana di Amiternum, che ha dato i natali allo storico Sallustio ed è stata sede di diocesi insieme a Forcona (Civita di Bagno) e Pitinum.
La chiesetta, che porta il nome della più nota Santa Maria del Ponte della Rivera, appena fuori le mura delle 99 Cannelle, con la sua “sorella” più nota condivide non solo la vicinanza a un ponte, appunto, sul fiume Aterno, ma anche un’edicola interna. Mentre però la chiesetta cittadina è stata da qualche tempo riaperta dopo i restauri, quella di periferia è ancora chiusa «e presenta lesioni sulle facciate» come racconta uno dei residenti, Giovanni Cialone, esponente di Italia Nostra. «Anche gli affreschi interni hanno bisogno di interventi». Sulla facciata principale si trova uno stemma scudato di reimpiego, proveniente probabilmente dal castello di San Vittorino: è raffigurato uno scudo con quadri a rilievo. L’architrave dell’ingresso presenta invece festoni e roselline. L’interno è disadorno con un affresco nella zona della piccola abside con Madonna e bambino sotto a un baldacchino sorretto da angeli. «Quanto questo gioiello resisterà ancora al saccheggio sistematico che viene perpetrato da anni a San Vittorino?», si chiede Cialone. «Ormai della chiesa è rimasto poco. La speranza è che qualcuno si ricordi della sua esistenza e voglia recuperarla, in primis la Curia che ne è proprietaria. Sarebbe un peccato lasciarla all’incuria e ai danni del tempo e dei malviventi».
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