L'Aquila da riscoprire, i nascondigli dei Cristiani nel cuore di San Vittorino

Viaggio nelle catacombe chiuse da 12 anni che riapriranno domenica 7 febbraio

L’AQUILA. La pietra luccica nonostante la penombra. Sottili stille d’acqua, colpite dai faretti appena montati, risplendono di una luce dorata. Sulla lastra di marmo c’è una lunga incisione in latino cristiano. Tre di quelle parole senza spazi non possono che balzarti agli occhi: “Sancio martyri Victorini”. È la sepoltura del Santo martire Vittorino, vescovo di Amiternum, che fu ucciso nel II secolo dopo Cristo. È forse il pezzo più prezioso di uno scrigno rimasto chiuso per dodici anni e che tornerà fruibile al pubblico domenica prossima: le catacombe dedicate al Santo, nell’omonima frazione. Anche gli occhi di don Giorgio Hanejko, parroco della chiesa sovrastante le catacombe e direttore di quel luogo di storia e cultura, brillano della stessa luce.

«Sono arrivato qui nel 2005 e i locali ipogei erano già inaccessibili da un anno», racconta col suo accento austriaco. «Adesso finalmente i lavori sono finiti grazie alla Pontificia commissione di archeologia sacra». In mano ha un mazzo con almeno una decina di chiavi. Con destrezza apre una porta, poi un’altra e ci introduce in chiesa, nella chiesa di San Vittorino. «Quella che vedete è solo una parte del complesso originario», spiega, mentre al ritmo del tintinnio delle chiavi apre un’altra porta, di legno chiaro: «Ecco, questa è la zona più antica della chiesa, mai restaurata».

La pietra bianca copre le pareti che terminano in un soffitto di travi lignee. In questo, che sarà l’ingresso alle catacombe, sono già esposti due pannelli con la storia del luogo e diversi reperti provenienti dai locali sotterranei. «Le catacombe sono un antico cimitero cristiano, della fine del II secolo. Inizialmente la messa si celebrava lì, nel IV secolo è nata sopra di loro una cappella che via via si è ingrandita, trasformandosi nella chiesa che vedete», prosegue il parroco, mentre ci mostra una scala di pietra che conduce appunto ai locali sotterranei. «Attenti si scivola».

All’ingresso appare subito il sarcofago di San Vittorino. L’umidità è tanta da bagnarne ogni pietra. «E siamo in una stagione di piogge scarse», dice don Giorgio. «Figurarsi quando il tempo è inclemente». È anche per questo che le catacombe sono rimaste chiuse. «L’acqua era penetrata dentro le vecchie lampade», spiega il parroco, «era una situazione pericolosa. Oggi invece è stata privilegiata un’illuminazione a pavimento, a prova d’umidità».

Alla scoperta delle catacombe aquilane
Uno scrigno rimasto chiuso per dodici anni e che tornerà fruibile al pubblico domenica prossima: le catacombe dedicate a San Vittorino, nell’omonima frazione tornano a essere disponibili (video di Raniero Pizzi, interviste di Michela Corridore)

La luce soffusa dona un colore dorato alle pietre. Tutto intorno sepolture di diversi tipi e dimensioni. «Erano quelle dei primi martiri del Cristianesimo che portavano la loro fede dalla Terra Santa. Arrivavano da Roma attraverso la via Salaria», come racconta il direttore. «Sotto il pavimento delle catacombe ci sono altre sepolture, che è possibile intravedere da una delle basiliche».

Le basiliche sono i vari locali delle catacombe stesse, uno collegato all’altro. Don Giorgio ci indica una parete a lato: c’è un affresco raffigurante la Madonna sotto al quale sono ancora leggibili le tracce di un altro affresco più antico poi coperto. Qualche passo ancora e raggiungiamo la più grande delle basiliche, dove sono i resti di un antico altare. «Nella pietra c’era un posto per poggiare la testa e una scanalatura per la mano sinistra», spiega il parroco, che si avvicina per farci vedere la posizione in cui i fedeli chiedevano la grazia al Santo. «Vittorino è stato martirizzato con continue immersioni del capo nelle acque sulfuree di Cotilia. Per questo è diventato patrono delle malattie della testa». Un’ultima rampa di scale in pietra riconduce agli ambienti più alti, quelli da cui siamo arrivati. Ma l’accesso è permesso solo per una parte dello stretto corridoio di collegamento. Il parroco si ferma alla base della scalinata: «Guardate qui», dice indicando il soffitto. La roccia sale per decine di metri, fino a scomparire dalla vista. In un momento ti senti nascosto nelle viscere della terra, le stesse in cui cercavano protezione i primi martiri cristiani.

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