la storia

L'Aquila, l'appello di Sonia: "L’acqua Santa Croce è il mio salvavita senza posso morire"

Il dramma di una donna affetta da un’allergia gravissima: "Temo che per la crisi aziendale si fermi la produzione"

L’AQUILA. Da anni la sua vita è diventata un incubo a causa di una malattia rara denominata “Sensibilità chimica multipla” che l’ha condannata a essere allergica a quasi tutto e a vivere con una mascherina che la protegge dal pulviscolo e microbi che per lei possono essere fatali: ovvero quando vivere è un dramma quotidiano.

Sonia Sette, 51 anni di Pizzoli, sopporta questo calvario con rassegnazione: non tollera medicinali, tranne 3 salvavita, e nemmeno le vitamine, può mangiare solo carne e pasta bollita. Ma, come se non bastassero quelli che ha, per lei ora spunta anche un altro problema come segnala la sua amica, la dottoressa, Maria Fioravanti, che quando può cerca di aiutare Sonia lungo questo cammino anche insieme ad altre persone.

Ma qual è, allora, l’ennesima preoccupazione che sta angosciando Sonia?

«Ho saputo del rischio di chiusura dell’azienda che imbottiglia l’acqua Santa Croce: quell’acqua per me è meglio di un farmaco salvavita: è l’unica che il mio organismo tollera e anche per mangiare la pasta o la carne devo bollire questi alimenti in quell’acqua».

Quindi non ci sono alternative?

«Assolutamente no e tra l’altro posso bere quest’acqua minerale solo se in bottiglie di vetro. Non voglio nemmeno pensare a cosa mi accadrebbe senza la Santa Croce. Visto che è Natale non posso fare altro che fare i migliori auguri a quelli che lavorano in quello stabilimento anche perché la mia sorte è per certi aspetti collegata al loro destino lavorativo. Immagino, ragionandoci su, che comunque la produzione non finirà ma quando si sta in certe condizioni di impotenza si cade inevitabilmente nel panico. Il terrore, anche di uno stop momentaneo della produzione, è un qualcosa con cui convivo».

Ha provato a cambiare acqua minerale?

«Sì. Dopo il sisma, per il timore che la produzione venisse bloccata a causa di ipotetici danni, con il medico che segue il mio caso provammo a utilizzarne un’altra simile nella composizione ma venni ricoverata più volte in ospedale. Va precisato che ho bisogno di almeno 4 litri di acqua al giorno e l’approvvigionamento è per me vitale».

Un handicap che si aggiunge a tanti disagi da incubo sopportati da tanti anni.

«La malattia è esplosa all’improvviso oltre 15 anni fa con continui ricoveri in ospedale in seguito a degli choc anafilattici. Più in particolare la malattia si è manifestata dopo una forte influenza con problemi respiratori e sintomi di allergia dopo un contatto».

Questo stato di cose ha comportato anche la perdita del lavoro?

«Era inevitabile. Quando è entrato in circolazione l’euro ho dovuto abbandonare il mio lavoro in un negozio a causa della forte allergia conseguente al contatto con le nuove monete. Probabilmente il mio organismo non tollera i materiali con i quali sono coniati gli euro».

Provò a fare qualcosa per ovviare a questo handicap?

«Tentai di utilizzare dei guanti per eliminare il contatto con quei soldi ma è stato inutile. Poi avviai una causa civile per far cambiare le modalità di produzione di quelle monete ma, ovviamente, tutto restò come prima».

Purtroppo siamo a contatto con una patologia rara che non ha cure.

«Mi risulta che in Italia il mio sia un caso unico, almeno di questa gravità, e che nel mondo ve ne siano solo pochi altri. Per questa ragione, visto che si tratta di una malattia rara, non ci sono ancora terapie che possano bloccarla in modo radicale».

Ma la gente come si comporta con lei?

«Vivo a Pizzoli e la gente con me è solidale. Mi dispiace che per le istituzioni io sia una malata immaginaria, visto che questa patologia in Italia non è riconosciuta. Poi ci sono anche coloro che, per superficialità, sminuiscono il problema ma sono pochi. Sbaglia, inoltre, chi pensa che si tratti di una patologia infettiva».

Si è mai rivolta alle istituzioni per farsi aiutare?

«Ho scritto tempo fa una nota all’allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano per segnalare il mio caso, lui l’ha girata al ministro della Salute ma non è successo nulla. Di recente ho scritto una lettera anche al papa».

Come è la sua casa?

«Pochissimi mobili per evitare il contatto con la formaldeide, letto in cotone, una specie di materasso fatto con la stessa stoffa. Niente carta».

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