L'Aquila, truffa coi fondi del terremotoI parroci: subito un'assemblea coi vescovi

"Per amore del mio popolo non tacerò". Che abbiano riletto Isaia, oppure gli scritti di don Diana vittima della camorra, i preti aquilani chiedono chiarimenti sulla vicenda della Fondazione

L'AQUILA. «Per amore del mio popolo non tacerò». Che abbiano riletto Isaia, oppure gli scritti di don Peppe Diana vittima della camorra, i preti aquilani chiedono di incontrare faccia a faccia i vescovi per chiarire la storia della Fondazione, della Curia e delle intercettazioni.

IL DISSENSO. Cresce il dissenso sul Web. Alle parole di don Dante Di Nardo si aggiungono altre voci di parroci e fedeli che vivono come lui, il "martirio". Il parroco di Pettino, su Facebook, ha rilanciato: «Perché chi non condivide lo stile dei nostri pastori tace?». E subito sono arrivate le prime risposte. Don Giovanni Gatto, parroco di Tempera, scrive: «Hai ragione. Perché non facciamo un'assemblea straordinaria del clero così chiariamo tante cose? Proponiamolo ai vescovi. Così ogni prete come un figlio chiede spiegazione ai due papà vescovi. Senza fare guerre, ma carità nella verità».

Don Giovanni ne approfitta per togliersi anche un rospo. «Ancora oggi faccio fatica ad accettare un mio superiore che inaugurava la villa di legno donata mentre c'erano circa 15 preti ancora senza casa, tra cui il sottoscritto. Sono felice che gli abbiano donato la casa ma non sono rimasto felice quando mai e mai mi hanno chiesto se avevo bisogno di una casa».

Il sacerdote veneto, scampato al sisma, conclude: «I miei parrocchiani mi vogliono bene anche se ultimamente, a seguito di queste vicende tristi, si stanno rimettendo in discussione. Confido presto nell'intervento di Dio che è Amore, verità e giustizia», conclude.

SALESIANI. Poi interviene don Antonio Giuliano, salesiano che serve la comunità di Bazzano, specialmente quella che si è riaggregata attorno alla tendamica del progetto Case. «Tacere è peccato di omissione e allora, nella confusione dello stato d'animo del momento, provo a dire la mia. Sono d'accordo che l'immagine della Chiesa agli occhi della gente ne esca devastata. Questi i fatti. Non metto in discussione l'affetto e tantomeno l'onestà dei pastori. Il problema è che si sta creando uno strappo troppo grosso e non è più possibile non chiedersi cosa fare per ricucirlo. La buona novella di Cristo è la nostra forza, dobbiamo gridare la speranza. Un maestro diceva: credo non per quello che dici ma per quello che sei e dimostri di essere. Gli errori sono stati fatti in buona fede, ne sono certo, ma al momento agli occhi della gente il nostro essere è differente da quel che diciamo. La gente ha bisogno della "Buona novella": solo questa gli interessa da noi. Diceva don Bosco noi facciamo la politica del Padre Nostro: questa è la nostra forza. Con carità e ricerca di verità è necessario un confronto».

I FEDELI. Carla Piccone scrive: «Come fedele sono delusa, amareggiata, attonita. Mi piacerebbe una Chiesa che praticasse gli insegnamenti del Vangelo, vicina ai terremotati, al servizio di questa martoriata città. Per favore, gli implicati in questa storia si facciano da parte! Non hanno più credibilità».

© RIPRODUZIONE RISERVATA