L'Aquila, truffa coi fondi del terremotoTraversi ai massoni: "Fermiamo i pm"

Il retroscena: l'imputato per truffa tentò di avvicinare i magistrati

L'AQUILA. Traversi, i massoni e l'assalto (non riuscito) alla Procura. A dieci giorni dall'udienza preliminare per i cinque imputati nell'inchiesta sulla Fondazione Abruzzo solidarietà e sviluppo vicina alla Curia spuntano nuovi particolari.

MASSONERIA. C'è anche un capitolo dedicato alla massoneria nel voluminoso materiale agli atti dell'indagine che ha portato i carabinieri del Noe ad arrestare (ai domiciliari), a settembre dell'anno scorso, il medico aquilano Gianfranco Cavaliere (uomo di Giovanardi all'Aquila) e il professore romano Fabrizio Traversi. Del resto, lo stesso Traversi, parlando al telefono nelle migliaia di chiamate intercettate dagli investigatori, fa continuo riferimento alla massoneria, un'appartenenza che usa, spesse volte, anche per intimidire gli interlocutori. E tra le persone da intimidire, secondo l'ex direttore del sistema qualità del disciolto ente italiano della montagna che aveva l'ufficio in Curia c'erano anche i pubblici ministeri. Per questo motivo si premura di contattare persone influenti appartenenti alla massoneria aquilana per metterle al corrente del suo piano. Cercare appoggi anche negli uffici giudiziari è la mission dell'uomo che si vanta, sempre al telefono, di essere stato «chiamato» dalla Chiesa, lui massone, per realizzare il suo progetto. Ecco le parole di Traversi: «Certo che tutto ti saresti immaginato quando siamo...che saremmo arrivati a questo punto...cioè io, massone, mi chiama la Chiesa per fare la Fondazione con il vescovo». E giù risate.

IN SONNO. Lo stesso Traversi, ritenuto dall'accusa il fulcro della tentata truffa per accaparrarsi i 12 milioni destinati a realizzazioni in ambito sociale messi a disposizione dal dipartimento per la famiglia della presidenza del Consiglio, ne parla in un'altra telefonata. «Quando m'ha chiamato monsignor D'Ercole ha detto "Professore, lei deve fare il segretario generale della fondazione" e io ho detto "Benissimo monsignore, ma lei lo sa che io sono massone" dice "Sì, e allora? Ti metti in sonno e lavori con noi..."». Insomma, dalle carte emerge la piena consapevolezza, da parte della Curia aquilana, e in particolar modo del vescovo ausiliare, dell'appartenenza di Traversi alla massoneria. Appare certo, secondo gli investigatori, che di questo aspetto sia «perfettamente consapevole» anche Augusto Ippoliti, stretto collaboratore dei vescovi e personaggio di casa nella Curia aquilana.

IL PIANO ANTI-PM. In un'altra delle molteplici telefonate intercettate, Traversi contatta un professionista aquilano affiliato alla massoneria. Dopo averlo salutato con «un triplice fraterno abbraccio», il professore romano arriva al sodo. Intervenire subito sugli uffici giudiziari dell'Aquila e di Teramo. Nel primo caso per un interesse personale sui suoi affari e nell'altro per conto di un amico. «Senti una cosa», dice al suo interlocutore, «qui bisogna chiudere un accordo di carattere fraterno per non far più rompere i coglioni, né all'Aquila né a Teramo. Se non ce la fai sul posto mi tocca muovermi su Roma. Come devo fare?». Il massone aquilano chiede che gli vengano spiegati «i soggetti» sui quali intervenire. A quel punto Traversi risponde risoluto: «I soggetti sono le Procure». E aggiunge: «Non voglio più rotture di cazzo». A questo punto il massone aquilano esprime delle perplessità. Tuttavia propone di organizzare ugualmente un incontro in città nei giorni successivi. A questo punto Traversi, l'uomo che D'Ercole ha detto di voler redimere, essendo il suo assistente spirituale, con un linguaggio oltremodo colorito sbotta: «Cioè, mi hanno rotto il cazzo ma di brutto di brutto di brutto. Allora, se devo intervenire a titolo personale io intervengo, però non mi devono più rompere i coglioni. Perché se non controllano niente non sono un cazzo....cioè se il Goi (Grande Oriente d'Italia, ndr), non è il Goi e se piazza del Gesù non è piazza del Gesù io faccio i cazzi miei...io devo intervenire in favore di Sua Eccellenza, non voglio rotture di coglioni...». Traversi, poi, comunica a Cavaliere di aver chiesto di vedere «se c'è qualche fratello in Procura». Il tentativo di avvicinamento ai pm, per gli investigatori, quand'anche solo tentato, è tuttavia andato a vuoto.

L'UDIENZA. Martedì 17 aprile il gup decide sulle richieste di processo a carico di Traversi, Cavaliere, Silvano Cappelli, Nicola Ferrigni e monsignor Giovanni D'Ercole accusato di rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale.

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