L'esplosione di Tagliacozzo, il ricordo di Valerio, Tonino e Antonello: uccisi da un lavoro che era la loro grande passione

Un mestiere che è un po’ arte e si tramanda di padre in figlio: a Valerio Paolelli è costato la vita. Il padre Sergio non si dà pace e ripete "mio Dio, mio Dio", cercando di capire che cosa è successo

TAGLIACOZZO. Stavano preparando delle coreografie colorate per una festa di paese. Dovevano far brillare il cielo al passaggio dei santi patroni e poi illuminare la serata a tempo di musica. Qualcosa però è andato storto e per Valerio Paolelli, 37 anni, figlio del titolare dell’azienda, Antonio (Tonino) Morsari (47) e Antonello D’Ambrosio (33) non c'è stato nulla da fare. Sono loro le tre vittime dell'esplosione avvenuta all'azienda di San Donato. Valerio era il braccio destro del padre Sergio. Insieme al fratello Armando era cresciuto dentro la casamatta che per i Paolelli era come una seconda abitazione. Lì, aveva iniziato a sperimentare le prime innovazioni pirotecniche che poi gli hanno permesso di partecipare e vincere campionati nazionali e internazionali. Fidanzato, viveva a Tagliacozzo, ma si vedeva poco in giro perché dedito al lavoro che per lui era diventato una passione.

Da semplice osservatore del padre era diventato poi lui l’artefice dei giochi pirotecnici. Non gli bastavano le fontane e le girandole colorate, Valerio, insieme al fratello e ai tecnici della ditta, aveva anche iniziato a sperimentare i fuochi con le scritte e le forme e addirittura gli spettacoli pirotecnici a tempo di musica. Veniva da una famiglia di “sparatori” anche Antonio Morsari, detto Tonino. Figlio di Pasquale, noto imprenditore del settore, aveva sempre lavorato nel settore insieme a tutta la sua famiglia. I suoi primi passi li aveva mossi nella ditta reatina del padre e dello zio e da un anno lavorava con i Paolelli. Sposato, e con una figlia, nonostante fosse impegnato a Tagliacozzo da mattina a sera, faceva il pendolare con Rieti dove viveva la sua famiglia. Antonello D’Ambrosio, invece, era originario di Sora (Frosinone) e da poco lavorava per la ditta di San Donato. Sposato con Clelia Provenziani, aveva una bambina di un anno e viveva a Petrella Liri, frazione di Cappadocia. Dopo l'incidente parenti e amici sono accorsi nella zona dove si trovava la casamatta senza poter riuscire però ad avvicinarsi. Momenti di apprensione, occhi lucidi e poi pianti interrotti per la scomparsa dei loro cari. «Non riusciamo a capire cosa sia successo», hanno detto tra pianti e singhiozzi. Il titolare Sergio, in preda a un vero e autentico choc, continuava a ripetere «Dio mio, Dio mio», gettato in un angolo per terra. Una tragedia che si è consumata nel giro di poche ore ma che già dai primi momenti lasciava intravedere un triste epilogo. Sul posto è arrivato anche il presidente della Regione Abruzzo, Luciano D'Alfonso, che ha espresso: «Sgomento e dolore per l’accaduto. Prenderò l’impegno a far rivedere la direttiva europea “Seveso” che impone agli Stati membri dell’ Ue di identificare i propri siti a rischio e regola i limiti per le aziende che detengono nitrato di ammonio, materiale pirotecnico e per le aziende minerarie».

Subito dopo è giunto anche l'assessore regionale alla Protezione civile, Mario Mazzocca, il quale ha sottolineato «di volersi rendersi conto di quello che era accaduto per poter capire come bisogna muoversi». Il vescovo dei Marsi, Pietro Santoro, ha espresso vicinanza alle famiglie. «Attraverso il lavoro l’uomo scopre la sua dignità», ha precisato, «e quindi maggiormente occorre che tutta la società abbia come orizzonte primario la sicurezza. Ai familiari delle vittime e dei feriti la mia preghiera e la mia vicinanza». Messaggi di cordoglio sono arrivati anche dal dal sottosegretario all'Economia Giovanni Legnini, dalla senatrice Stefania Pezzopane, dal parlamentare Gianni Melilla e dal presidente del consiglio regionale, Giuseppe Di Pangrazio.

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