L'ipotesi, ristoratori compiacenti dietro la caccia di frodo nel parco d'Abruzzo

I prezzi del capriolo arrivano a 50 euro al chilo, 15 per la carne di cinghiale. L’indagine della Forestale si allarga con specifici controlli anche nei locali

PESCASSEROLI. La carne di cinghiale, cervo e capriolo è finita illegalmente nei ristoranti di Abruzzo e Lazio? Per rispondere all’interrogativo gli agenti della Forestale che hanno portato a termine l’operazione antibracconaggio nel Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise eseguiranno una serie di accertamenti nei locali. Il sospetto degli investigatori è che la selvaggina veniva macellata e venduta illegalmente dai cacciatori di frodo.

Un mercato clandestino particolarmente fruttuoso: il cinghiale può arrivare a 15 euro al chilo, per le parti più pregiate del capriolo si sfiorano i 50 euro. Secondo la Forestale, gli animali uccisi venivano macellati direttamente in montagna. Questo per evitare controlli a valle.

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I due bracconieri arrestati a Villa San Sebastiano di Bisegna, intanto, hanno lasciato i domiciliari e hanno ottenuto l’obbligo di firma. In questo modo potranno andare al lavoro. Donato Boccia, 60 anni, di Opi, e Gianni Di Vincenzo, 65 anni, residente a Villanova di Guidonia (Roma), sono accusati di vari reati, che vanno dall’esercizio di attività venatoria in area protetta, alla detenzione e utilizzo di arma con matricola abrasa.

I due, già noti alla Forestale per le loro attività, dovrebbero essere ascoltati nei prossimi giorni.

Nell’eseguire le perquisizioni domiciliari sono state sequestrate altre armi (in particolare carabine e pistole), munizioni, armi da punta e da taglio, trofei, fauna imbalsamata, parti di cinghiale congelato. «La presunta organizzazione che faceva riferimento ai due arrestati è senza punti di riferimento» sottolineano dalla Forestale «e non si esclude che ci possano esserci successivi sviluppi investigativi».

Boccia e Di Vincenzo sono stati seguiti per diverso tempo e gli investigatori ipotizzano che entrambi possano avere avuto appoggi e protezioni. L’inchiesta è coordinata dal procuratore della Repubblica di Avezzano, Maurizio Maria Cerrato.

Il presidente del Parco d’Abruzzo, Antonio Carrara, auspica che si faccia piena luce su tutta la vicenda. Il Parco già ha annunciato che si costituirà parte civile in un eventuale processo.

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