La Cassazione: «Ecco perché crollò la Casa dello Studente»

Depositate le motivazioni della sentenza: «Nessuna verifica fu effettuata sui nuovi carichi di peso» Inflitte condanne ai tre tecnici che fecero i restauri e al funzionario Adsu responsabile del collaudo

L’AQUILA. La Casa dello Studente era destinata a crollare a causa del sisma del 6 aprile del 2009 perché ben prima dei lavori di ristrutturazione eseguiti nel 2000, l’edificio era stato totalmente, e pericolosamente, modificato rispetto al progetto originario e all’iniziale destinazione d’uso. «Tuttavia, i tre ingegneri che ne curarono la ristrutturazione nel 2000, e l’architetto responsabile del collaudo, avrebbero dovuto controllare i nuovi carichi di peso che gravavano sull’edificio – costruito nel 1965 dalla casa farmaceutica Angelini – e la tenuta statica, prima di eseguire gli interventi che avevano progettato e che hanno aggravato gli effetti del crollo nel quale morirono otto giovani: sette studenti e il portiere dello stabile». Lo scrive la Cassazione nelle motivazioni, depositate ieri dalla quarta sezione penale e relative all’udienza svoltasi l’11 maggio 2016. Un verdetto che ha confermato le condanne a quattro anni di reclusione per gli ingegneri Berardino Pace di Pratola Peligna, Pietro Centofanti di Sulmona ed ex sindaco della città, Tancredi Rossicone, di Scanno, e a due anni e sei mesi per l’aquilano Pietro Sebastiani, presidente della Commissione collaudo dell’Azienda per il diritto agli studi universitari. «Il progettista, ove si inserisca in una situazione in cui altri siano già intervenuti, è tenuto a informarsi circa i pregressi interventi e, se del caso, a proporre o a effettuare i necessari interventi di adeguamento»: è il principio di diritto affermato dalla Suprema Corte. «Se è vero che non è addebitabile agli imputati la realizzazione di una variazione di uso dell’immobile poiché essi lo trovarono già adibito, e da tempo, a studentato, è altrettanto innegabile che essi», scrive la Cassazione, «subentrati in una situazione connotata da una variazione d’uso, di fatto realizzata da anni, hanno sicuramente trascurato che la Casa è stata trasformata da edificio realizzato negli anni Sessanta destinato ad abitazioni private, in una struttura alberghiera, munita di tutte le relative dotazioni, che ne hanno palesemente stravolto l’originaria conformazione interna». «Il palazzo», dicono i giudici, «è stato in tutto e per tutto modificato, rimanendo tuttavia identico all’originale soltanto per ciò che attiene alle sue componenti statiche, rispetto alle quali né i tre progettisti, né il collaudatore si sono minimamente posti il problema se tutto quello che era stato realizzato, con le radicali e totali modificazioni conseguite, fosse ancora compatibile con quanto era stato progettato e valutato quasi quarant’anni prima e per tutt’altra destinazione». Confermato, per i tre ingegneri, anche il no alle attenuanti generiche per «la gravità dei fatti, essendo l’immobile destinato a ospitare giovani».

Per Sebastiani, ad avviso della Cassazione, «risulta tranciante il rilievo secondo cui la licenza edilizia rilasciata dal Comune dell’Aquila in data 28 dicembre 1999 richiedeva il collaudo statico dell’immobile, che nessuno risulta avere svolto». «Ora», commenta l’avvocato di parte civile Simona Fiorenza, «potremo partire con le richieste di danni, visto che poggiano proprio sulle motivazioni della Cassazione».

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