«La mia tesi di laurea a Gheddafi»

Una ragazza abruzzese tra le cento invitate dal leader libico a Roma.

L’AQUILA. Bionda, alta, spigliata... insomma, quel che si dice «una bella ragazza». Dall’alto del suo metro e 70 centimetri, ai quali vanno aggiunti altri dieci centimetri di tacco, deve aver colpito il colonnello Gheddafi, che l’ha voluta accanto a sé per l’intera durata della convention in via Caldonazzo, organizzata domenica scorsa, prima del vertice della Fao che si è svolto a Roma.

Maria Bellucci, 30 anni, abruzzese doc, è una delle cento ragazze selezionate dal portale «Hostessweb» per partecipare alla cena di gala voluta da Gheddafi. Nata a Pratola Peligna, laureata lo scorso anno all’Università dell’Aquila in Scienze della comunicazione, Maria sta prendendo la specialistica in filosofia. E’ lei l’autrice della lettera pubblicata ieri dal Corriere della Sera, in cui racconta l’incontro con il colonnello libico.

«Ho risposto all’annuncio non tanto per guadagnare qualcosa (a fine serata abbiamo ricevuto il compenso pattuito, 75 euro netti), quanto per l’opportunità di incontrare il leader libico. Ma l’impressione ricevuta è stata ben diversa dalle aspettative: più che di un dibattito», racconta la ragazza «si è trattato di un monologo. Gheddafi ha la ferma convinzione di ciò che dice. Ha ribadito più volte il concetto-cardine che non era Gesù quello finito sulla croce, ma un sosia. Poi, le idee sulla religione e l’Islam, nel tentativo di arrivare ad una conversione di massa delle ragazze presenti in sala. Siamo state tutte invitate a recarci in Libia, per un pellegrinaggio di conversione all’Islam».

Maria si è presentata all’appuntamento in giacca, pantaloni neri e una camicetta bianca abbottonata fino al collo. Un filo di trucco, impercettibile.
Solo un elemento accattivante: i tacchi vertiginosi, da dieci centimetri.
«Le ragazze erano chiamate a fare domande sedute. Ci hanno fatto accomodare su divani disposti a semicerchio. Gheddafi», prosegue «era a qualche metro di distanza, su una poltrona. Quando è arrivato il mio turno, il colonnello ha detto all’interprete di farmi avvicinare. Portavo i tacchi alti. Lui ha scherzato dicendo: “La ragazza barcolla un pò!”. Ho risposto: “Colpa dei tacchi che danno potere alla donna”. Tanto è bastato per convincere Gheddafi a tenermi accanto alla sua poltrona fino alla conclusione dell’incontro».

Maria Bellucci ha portato con sé la tesi di laurea su «Oriana Fallaci e l’Islam». Un’analisi dettagliata dell’intervista che il Corriere della sera pubblicò il 2 dicembre 1979, in cui la scrittrice toscana chiedeva a Gheddafi: «Colonnello, lei crede davvero che questo libretto verde cambierà il mondo?».
«Ho rivolto di nuovo la domanda a Gheddafi», prosegue Bellucci. «Lui ha glissato tornando a parlare del Corano, ma senza possibilità di dialogo. Si è trattato piuttosto di un monologo. Però, ha voluto vedere la tesi. L’ha presa in mano e ha chiesto che gli venissero tradotti alcuni passaggi. Poi, me l’ha restituita».

Tono pacato, voce rassicurante, un’impostazione metodica del linguaggio. Questa l’impressione ricevuta dall’abruzzese del leader libico. «Un uomo sicuro di sé», afferma Maria Bellucci «tanto da tenere sotto scacco una platea al femminile. In sala la soggezione era palpabile. Alla fine ci è stata consegnata una copia del Corano, in versione integrale e in edizione italiana».
Un’esperienza che ripeterebbe? «Non so», conclude la pratolana dopo la sua esperienza di hostess. «Forse, ma in chiave critica, con l’obiettivo di controbattere alle affermazioni fatte. E poi, altro che cena di gala! Siamo uscite a digiuno, senza aver toccato cibo».