La protesta dei lavoratori «Ci aiuti il governo»

I dipendenti di giustizia e aziende in crisi (Globe Network, Vesuvius, ECare e Intecs) sfidano la pioggia per chiedere di salvare i loro posti di lavoro

L’AQUILA. Dentro, gli applausi e le strette di mano; fuori, le contestazioni e la rabbia di chi non sa più a quale santo votarsi per tenersi stretto il posto di lavoro. Decine di lavoratori ieri mattina hanno aspettato il presidente del consiglio Matteo Renzi per fargli arrivare la loro voce, sfidando la pioggia e il freddo a dir poco invernale, pungente. Anche questa una contraddizione rispetto al caldo interno dell’auditorium disegnato da Renzo Piano. Per i dipendenti dei call center aquilani Ecare e Globe Network, dell’avezzanese fonderia Vesuvius Italia, dell’altra aquilana Intecs e per i precari della giustizia, c’era poco da festeggiare e da sorridere ieri, visto che in ballo c’è il loro futuro. Timori che una piccola delegazione di lavoratori ha potuto esprimere al sottosegretario allo Sviluppo economico, Claudio De Vincenti, al margine della firma del Masterplan, in un pugno di minuti prima della partenza per Bari, affiancati dalla senatrice Stefania Pezzopane e dal vicepresidente della Regione, Giovanni Lolli. Da dietro le transenne al di sopra della scalinata del castello cinquecentesco in cui i lavoratori sono stati limitati dalla sicurezza, spiccavano le tute blu degli operai della Vesuvius. I 100 operai temono per il futuro dello stabilimento per l’intenzione della multinazionale di ridimensionare le sue sedi a livello europeo. «Chiediamo a Renzi di tutelare i posti di lavoro nella Marsica», ha spiegato Fabrizio Iacoboni, Rsu della Vesuvius, «le multinazionali stanno spostando tutto nei Paesi dell’Est, dove costano meno la manodopera e i costi gestionali. Se lo stabilimento viene dismesso, a perdere il lavoro non saremo soltanto noi, ma anche centomila persone dell’indotto». Rassegnati i ricercatori della Intecs, azienda nata dalle ceneri del centro di ricerca Technolabs, uno dei fiori all’occhiello dell’ex polo elettronico, i cui dipendenti sono letteralmente stati “parcheggiati” dall’azienda che ha deciso di tagliare le commesse all’Aquila e non sa che cosa farsene di lavoratori dalle alte competenze nel campo delle telecomunicazioni. «Questo governo non può ignorare una generazione di 40enni e 50enni con figli», ha detto un componente delle Rsu della Intecs, Umberto Innocente, «e che hanno un’alta professionalità nel campo della ricerca».

Un’azienda di 230 lavoratori dei quali il 70% da tempo è inattivo. La voce, poi, arrabbiata ed energica di Olga Ferrari, Rsu del call center Globe Network, portavoce di 234 lavoratori che rischiano di restare a casa già dal 1° luglio perché la compagnia telefonica “3” ha deciso di lasciare L’Aquila «per inadempienze» da parte dell’azienda. «Chiediamo a Renzi che ci dia la possibilità di continuare a lavorare per l’operatore telefonico H3G, il lavoro è un diritto», ha ribadito la Ferrari. Su via Castello, ancora più confinati, “I precari della giustizia”, un gruppo di ex tirocinanti delle aule di giustizia abruzzesi: i più precari di tutti, quelli senza rappresentanza sindacale perché, dicono, «siamo stati tirocinanti per 5 anni negli uffici giudiziari, facendo diversi percorsi e adesso veniamo buttati via come panni vecchi».

Marianna Gianforte

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