Le macerie fanno paura

Oggi sit-in del comitato contro il sito di Cesarano

L’AQUILA. «Qui niente macerie». Nasce il primo comitato contro il sito di Cesarano e il Comune tira il freno a mano sulle nuove aree individuate per lo smaltimento. No all’ampliamento dell’ex Teges, congelamento dell’impianto di Cesarano. Ecco le contromisure dell’amministrazione alle embrionali sollevazioni popolari che oggi troveranno un primo sfogo in un raduno nella piana tra Camarda e Aragno.

PRANZO A CESARANO.
Nella piana tra Camarda e Aragno, che si vede dall’autostrada, il sito più grande tra quelli finora individuati per lo smaltimento (la famosa area da 50 ettari), per cui si ipotizzava anche una rampa d’accesso diretto dei camion dall’A24, stamani mostrerà i muscoli il «Comitato contro lo stoccaggio, la separazione e il deposito delle macerie a Cesarano». Il gruppo di cittadini, presieduto da Pasquale Polidoro, ha come portavoce Carmelo Marotta, l’ideatore della manifestazione pro-Bertolaso. «Come aveva detto lui, le dovevamo portare fuori regione. Il comitato nasce a difesa di una piana coltivata da tutti i camardesi e aragnesi», dice Marotta. «Esiste una vecchia leggenda.

Narrava che Cesare Augusto avesse lì una villa romana e l’avesse chiamata in suo onore Cesarano, vista l’alta produttività agraria. Purtroppo non ci sono le tracce. Anni orsono fu consigliato alla società Strada dei Parchi di aprirci un autogrill, l’ultimo vicino al Gran Sasso. Successivamente al sisma, molte famiglie abitano nella piana, avendo le case distrutte. Cominciamo il sit-in di protesta contro il Comune che ha indicato il sito. Ringraziamo il commissario Chiodi che l’ha stralciato, ma la guardia contro le macerie resta alta». Contro. Le macerie, insomma, fanno paura. Tranne a chi si sta sporcando le mani per cercare di rimuoverle, simbolicamente o meno.

IL COMUNE FRENA.
È bastato il rischio di rivedere barricate anti-rifiuti del tipo di quelle di Monte Manicola per convincere il Comune a tirare il freno a mano su Cesarano. Ma non solo. E la frenata ha già avuto i primi effetti. Oltre al congelamento dell’area di Cesarano, che non figura nella nota del commissario Chiodi che fa il punto sui siti, per l’ex Teges si è passati dall’«ampliamento funzionale» della prima nota dopo il vertice al ministero all’«adeguamento funzionale».

Una sottigliezza linguistica che dovrebbe servire a tamponare le possibile rivolte a Paganica. «Siamo assolutamente contrari alla proposta di ampliamento dell’ex Teges», dice l’assessore all’Ambiente Alfredo Moroni. «Abbiamo proposto, per il miglioramento sulla viabilità d’accesso all’impianto, che invece di procedere agli espropri dei terreni si arrivi a un accordo tra commissario, ministero e proprietari in forza del quale, sulla base di un comodato gratuito, vi sia una cessione momentanea con un ristoro economico.

Terminati i lavori delle macerie, i terreni torneranno ai loro proprietari. In questo modo non ci saranno danni». Moroni non crede che le macerie dell’Aquila siano davvero pari a 4,5 milioni di tonnellate. «Ho chiesto una stima reale perché, secondo me, quella attuale è in eccesso». Dagli 11 siti inizialmente ritenuti idonei si è scesi fino a due: ex Teges e Barisciano. Persi per strada anche Bazzano e Bagno, neppure il passaggio al ministero e le rassicuranti dichiarazioni del capo dicastero Stefania Prestigiacomo hanno evitato la falcidia. «Sulla base di quello che è realmente necessario si valuterà se, oltre a Barisciano e all’ex Teges, ci sarà bisogno di altri spazi», prosegue Moroni. «Cesarano è uno dei siti che stanno sullo sfondo. Bisogna accelerare sull’allestimento di Barisciano. Prima si comincia, meglio è.

Del resto, non dimentichiamo che quando saranno pronte le aree in centro storico, ai depositi temporanei arriverà meno materiale, e anche più selezionato». All’ex Teges sono previsti miglioramenti nella viabilità esterna e alla funzionalità interna, oltre alla creazione di un sito per lo stoccaggio provvisorio.

SVUOTAMENTO AL VIA.
Intanto, verificata la correttezza della certificazione antimafia di una delle ditte aggiudicatarie dell’appalto, l’Aquilana calcestruzzi, capofila di un’associazione temporanea d’impresa, da domani mattina comincerà lo svuotamento delle 15mila tonnellate di inerti previste dal secondo appalto «in uscita» dall’ex Teges. Appalto assegnato da oltre un mese ma, di fatto, bloccato proprio a causa delle verifiche. Per completare le operazioni ci vorranno una decina di giorni. L’impianto, a pieno regime, può arrivare a contenere fino a un milione di metri cubi, purché funzioni a dovere il meccanismo entrata-uscita. Su quest’appalto il Gicer (Gruppo interforze centrale emergenza e ricostruzione) aveva acquisito le carte in Comune, con un blitz proprio nel giorno dell’apertura delle buste di una gara da 200mila euro, aggiudicata con un ribasso del 38 per cento che ha permesso un risparmio pari a circa 80mila euro. Alla gara hanno preso parte otto ditte.

MANCANO I SOLDI.
Per gli altri bandi servono i soldi. L’allarme viene rilanciato dall’assessore Moroni. «Saremmo pronti, ma possiamo partire solamente quando c’è la copertura finanziaria, altrimenti l’impianto non si svuota. Ho chiesto chiarezza sui soldi e sui tempi per lavorare le macerie. Le risposte avute finora non sono rassicuranti». Intanto, oltre alle macerie spunta un altro problema. Quello delle montagne di terra e di roccia sbriciolata venute fuori dagli sbancamenti nei cantieri del Progetto Case e dei Map.

Questi materiali potrebbero andare a Pizzoli, dove ci sono delle cave disponibili ad accogliere questi materiali previa bonifica. Riguardo ai sei impianti privati ritenuti idonei, sono potenzialmente disponibili ma anche in questo caso servono le gare d’appalto. Per questo motivo sono rimasti finora inutilizzati. Nell’Aquilano c’è un parco impianti, anche di privati, piuttosto significativo. Da 200mila tonnellate l’anno di trattamento per gli impianti autorizzati si è passati a oltre 500mila. Ma senza una «centrale degli appalti» è impossibile far partire in maniera seria la selezione delle macerie nei siti privati.