Liberato il tecnico rapito in Nigeria

Il ministro Terzi: «Grande soddisfazione». Rocca di Cambio esulta

ROCCA DI CAMBIO. La notizia arriva in tarda serata, inaspettata: Modesto Di Girolamo, il tecnico della ditta edile Borini&Prono costruzioni è stato liberato. Ad annunciarlo è il ministro degli Esteri, Giulio Terzi che ha subito avvertito la famiglia. Finisce l'incubo per Enza e per Oriana, Erminia e Fabrizio, moglie e figli del rocchigiano portato via con la forza lunedì scorso a Llorin, capitale dello Stato del Kwara, in Nigeria, mentre stava ispezionando un sistema di drenaggio lungo la Bishop Road. Un Paese dilaniato dalle lotte civili e dai continui attentati alle comunità dei cristiani, dove Di Girolamo lavorava da 50 anni.

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LA FAMIGLIA. «Ho il cuore che mi batte all'impazzata, non riesco nemmeno a parlare. Sia lodato Gesù Cristo che ci ha fatto questa grazia, ma finché non riesco a parlare con mio marito non riesco a crederci». La moglie Enza, finora chiusa in un riservato silenzio, esprime così la sua felicità. Erano quattro giorni che di Modesto non si avevano notizie, tutto il paese viveva ore di trepidazione in attesa di nuovi sviluppi della vicenda. La famiglia, in contatto diretto con la Farnesina già da lunedì, si era affidata al ministero, che volta aveva attivato tutti i canali diplomatici, l'Unità di crisi, mentre il titolare della Farnesina aveva chiamato personalmente al telefono l'omologo nigeriano, Olugbenga Ashiru.

Al collega il ministro italiano aveva ricordato con fermezza la necessità di non agire con la forza, di evitare la strada del blitz. Terzi aveva anche avuto un colloquio con il vicepresidente nigeriano Namadi Sambo, al quale aveva chiesto «assolute garanzie» sulla sicurezza dell'ostaggio. Una richiesta che i vertici dello Stato nigeriano avevano subito recepito. Sembra che non sia mai stata fatta una domanda di riscatto dopo il sequestro.

Il ministro degli Esteri ha ricordato «la massima collaborazione delle autorità nigeriane nella liberazione dell'ingegnere italiano Modesto Di Girolamo». Terzi ha, inoltre, sottolineato l'intensa attività di tutti gli apparati dello Stato coinvolti nella liberazione del tecnico di Rocca di Cambio, a cominciare dall'Unità di crisi.

LE REAZIONI. «Siamo felicissimi di questa conclusione». Il sindaco del centro montano Gennaro Di Stefano non sta nella pelle, lo sconcerto di poche ore prima si trasforma in gioia: «Chiamerò la famiglia per esprimere tutta la mia felicità, poi mi sentirò con gli altri assessori». Intanto oggi il consiglio comunale straordinario che si sarebbe dovuto tenere per esprimere vicinanza e solidarietà alla famiglia di Di Girolamo si farà ugualmente: «Faremo il consiglio comunale straordinario», commenta il primo cittadino, «per esprimere la nostra felicità per la liberazione del nostro compaesano e per la conclusione positiva della vicenda».

Una conclusione niente affatto scontata. È infatti ancora fresco il ricordo dell'ingegnere piemontese Franco Lamolinara rapito un anno fa, sempre nella stessa regione africana e ucciso insieme al collega inglese Chris McManus durante un blitz delle forze inglesi e americane. Di Stefano si era anche sentito più volte con la famiglia, con la moglie in particolare, sempre «molto preoccupata per la sorte del marito».

IL PAESE. Nel paese si respirano sorpresa e sollievo. Ma a Rocca di Cambio si conoscono tutti, come una grande famiglia, e la notizia del rapimento aveva creato sconcerto. Già pronti a mobilitarsi con una grande fiaccolata per sensibilizzare tutto il Paese e il governo sul rapimento del tecnico «che si era costruito un lavoro e una posizione, seppur lontano da casa, con le sue mani e partendo dal nulla», raccontano quanti lo conoscono bene. Tra questi Modesto Lolli, presidente del comitato Piccola industria dell'Aquila e originario del paese montano. «Una famiglia numerosa, Modesto veniva da una famiglia umile e si era fatto strada dal nulla». «Rapimento era una parola che non avremmo mai voluto sentire», racconta il presidente della Pro loco Sestina Lucantonio, sembra che certe cose possano accadere solo ad altri». Non nel centro montano cresciuto economicamente anche grazie al lavoro di tanti rocchigiani partiti alla volta dell'Africa per guadagnare qualche migliaio di lire in più. Girolamo, tecnico 70enne originario di Rocca di Cambio, è l'ultimo della stirpe degli «immigrati per lavoro», che numerosi avevano lasciato il paese, tra il 1950 e il 1960 per cercare un lavoro più remunerativo.

L'AFRICA. Antonio Lolli detto Nino dell'alimentare, è stato in Africa, nello Zambia, pure lui più o meno nel periodo in cui partì per la prima volta Modesto. «Me lo ricordo bene quando siamo partiti», racconta. «Il lavoro all'epoca non c'era. Io, ad esempio, con il mio lavoro di ferraiolo qui guadagnavo 60mila lire, nello Zambia 400mila. Anche Modesto partì spinto dal desiderio di guadagnare». E cominciò la sua vita in Nigeria.

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