«Lieti di fare servizio qui ma il cuore è ad Amatrice»

Parlano i volontari della Misericordia che ieri sono stati di guardia al corteo: «Abbiamo visto la disperazione, lì servono case di legno prima dell’autunno»

L’AQUILA. Hanno avuto le mani e gli indumenti sporchi della polvere delle macerie fino a poche ore prima; difficile smettere i panni dei soccorritori che scavano a mani nude dalle 5 del mattino di quel 24 agosto e indossare quelli dei volontari di Protezione civile durante il corteo della Perdonanza celestiniana. Ma il dovere è dovere e si è volontari sempre, sia quando c’è da salvare vite umane, sia quando c'è da presidiare un luogo affollato di persone, a quasi 30 gradi, in cui il malore o l’incidente sono sempre in agguato. E infatti per Alfredo Pellecchia, Paola Federici e gli altri della Misericordia dell’Aquila la prima emergenza scatta alle 18 circa, quando un uomo sulla settantina si sente male all’ingresso dell'ex ospedale di Collemaggio, mentre la messa è appena cominciata. «Sono qui e sono contento di esserci, ma io in questo momento vorrei essere ad Amatrice, a dare una mano, qui che ci sto a fare?», si chiede Alfredo e gli fa eco Paola Federici: «Partirei subito», dice. Nelle loro orecchie risuonano ancora i lamenti dal fondo senza fine delle macerie in cui è ridotta Amatrice, arrivati tra i primi soccorritori con il gruppo di 14 volontari. «Abbiamo dato una mano ovunque servisse», spiegano Alfredo e Paola, «scavando in uno scenario di guerra». I primi a essere tirati fuori sono stati salvati; poi solo corpi senza vita. «Una persona si è salvata saltando dalla finestra, un’altra ha avuto il bacino rotto dal peso delle macerie», racconta Alfredo. «La nostra dottoressa in 48 ore ha applicato 300 punti di sutura ai feriti del sisma. Abbiamo imbarcato sull’elisoccorso 42 persone più gravi, i meno gravi li abbiamo trasportati noi in ambulanza. Andiamo a trovarli tutte le mattine al “San Salvatore” per vedere come stanno, ad alcuni di loro laviamo e sistemiamo anche la biancheria, perché non hanno nessuno a cui rivolgersi». Essere volontari vuol dire questo: darsi per gli altri sempre. Paola, Alfredo e il resto del gruppo hanno anche aiutato il Dipartimento di Protezione civile a realizzare nell’ex Inpdap di Rieti la Dicomac (Direzione di comando e controllo della Protezione civile). Tra gli operatori del servizio di protezione civile durante il corteo della Perdonanza anche Carlo, Giuseppe, Giacomo, Antonio del gruppo alpini “Michele Jacobucci”: erano nella colonna mobile della Protezione civile la mattina del terremoto. «Abbiamo operato prima a Grisciano, poi ad Accumoli», raccontano. «Abbiamo visto la disperazione negli occhi delle persone, la stessa che avevamo noi aquilani sette anni fa; ora non sarà facile sopportare nelle tende il freddo che avanza», spiega Carlo. «Bisogna costruire villaggi di legno prima che arrivi l’autunno».

©RIPRODUZIONE RISERVATA