Lutti e rinascita, storie di famiglia 

I Mattei scomparvero, gli Orlandi quasi. Ma con Nardelli, Corradini, De Bernardinis tornò la vita 

Con l’immane disastro del 13 gennaio 1915 scomparvero 30.000 persone e decine di paesi, si registrarono inimmaginabili danni materiali, furono irrimediabilmente compromessi – se non completamente cancellati – i patrimoni culturali e antropologici caratteristici della Marsica e soprattutto di Avezzano, la città martire che ebbe 10.000 morti, il 75% dei suoi abitanti. I dialetti, le tradizioni, il folklore, i costumi, le arti e perfino taluni mestieri subirono l’inevitabile influenza dei nuovi arrivati che, giunti da ogni parte d’Italia per la ricostruzione (in particolare dalla Puglia, dal Lazio o dalla Campania e anche da tanti paesi d’Abruzzo), si stabilirono definitivamente nelle nostre contrade per contribuire e riedificare ciò che il terremoto aveva distrutto. Tra i sopravvissuti molti preferirono o furono costretti dalle circostanze a emigrare, altri perirono durante la Grande guerra, un gran numero scomparve per la pandemia di Spagnola, centinaia di bambini, inizialmente soccorsi dal Patronato Regina Elena affidato a don Luigi Orione, furono adottati da famiglie aristocratiche e decine di orfani finirono drammaticamente nei manicomi perché irrimediabilmente preda di disturbi della mente.
Interi nuclei familiari furono cancellati dall’anagrafe municipale e tra questi molti che, durante l’intero Ottocento e nei primi del Novecento, avevano influenzato se non “padroneggiato” la vita pubblica amministrativa, culturale ed economica avezzanese: un “notabilato” che non aveva origini “nobili” residuali di una società medievale ma che si era affermata nel tempo per la intraprendenza soprattutto nel settore economico-terziario.
Ne citiamo alcuni. Scomparvero i Mattei che nell’Ottocento avevano eletto ben sette sindaci: Serafino, Aurelio, Ladislao, Paris, Enrico, Orazio, Francesco. Ebbero il privilegio di vedere a loro intitolati tre Vicoli e una Piazzetta, erano proprietari di molti immobili alcuni dei quali, orientati su vie e piazze centrali, furono ceduti al Comune che vi organizzò la scuola elementare e i propri uffici. A questa famiglia apparteneva Orazio che, eletto sindaco il 27 giugno del 1876, appena quattro giorni dopo fondò la Società operaia ancora oggi esistente in via Trieste. Al nome di Orazio Mattei è legata, anche se indirettamente, la istituzione del Museo lapidario della nostra città. È largamente provato come egli e il fratello Francesco abbiano proceduto all’arruolamento di 80 volontari che, partiti da Cappelle dei Marsi, si unirono a Menotti Garibaldi con il quale combatterono a Monterotondo e Mentana.
Anche la famiglia Iatosti aveva visto quattro di loro avvicendarsi nella carica di primo cittadino: Agostino, Vincenzo, Berardino, Nicolai. Nel 1915 essi subirono un forte “ridimensionamento” e dovranno trascorrere molti anni allorquando un discendente, Antonio, nel 1946, sarà il primo sindaco eletto dopo la guerra.
Gli Orlandi porteranno alla guida del comune Gaspare, Maurizio e Loreto. Gli Aloisi annovereranno, tra i primi cittadini, Ascanio e Bartolomeo.
Per tre “mandati” Emanuele Lolli guiderà la navicella municipale. Tommaso Brogi – autore di “Il santuario ed il castello di Pietraquaria nella Marsica, Frammenti degli statuti antichi della Università di Avezzano, colle conferme della curia baronale e la Marsica antica, medioevale e fino all’abolizione dei feudi” – era deceduto già nel 1910 ma sotto le macerie del suo palazzo, situato su Piazza Torlonia a fianco della piazzetta esistente davanti alla chiesetta dell’Assunta, perirono la moglie e tutti i suoi figli.
Si salvò soltanto il maggiore Giovanni Battista perché, nello stesso anno della morte del padre, si era trasferito a Roma. Morì sotto le macerie del suo palazzo su via Napoli, il sindaco avvocato Bartolomeo Giffi che, in precedenza, aveva già guidato l’amministrazione della città per due volte. Rieletto il 4 ottobre 1914, morì il centesimo giorno del suo nuovo e ultimo incarico.
Anche l’avvocato Nicola Gallese non sopravvisse al tremendo disastro: sindaco dal 1910 al 1914, concluse il suo mandato tra dissensi politici che portarono a forti recriminazioni, dimissioni, manifesti d’accusa ma anche attestati di solidarietà. Giovanni Cerri, avvocato, già deputato al Parlamento nazionale, fu sindaco una prima volta dal 1891 al 1893. Rieletto il 16 luglio 1914, appena 11 giorni dopo la sua elezione, durante la riunione del consiglio comunale, a voce alta e per iscritto dichiarò di non poter accettare l’incarico.
Non tutte le famiglie scomparvero e molti sopravvissuti raggiungeranno prestigiosi traguardi. Fedele De Bernardinis, chimico farmacista, già proprietario e gestore di una farmacia situata nella centralissima antica piazza San Bartolomeo, posta al piano terra del Palazzo Marimpietri sede anche della sottoprefettura, più volte vice presidente della Società operaia, dopo il disastro assunse l’onere della ricostituzione di detta Società, divenendone presidente fino al 1926.
Bruno Cassinelli, uno dei più grandi avvocati penalisti del XIX secolo, famoso in Italia e all’estero per la sua formidabile capacità oratoria, si salvò dalla furia devastatrice del terremoto poiché si trovava a Roma per ricerche inerenti la sua tesi di laurea in giurisprudenza.
Ercole Nardelli il giorno del terremoto era a Tivoli ove svolgeva la sua opera di insegnante. Fu uno degli animatori della rinascita di Avezzano; già consigliere comunale, fu anche sindaco della città dal 1920 al 1924. Sarà nominato preside del locale Liceo classico. Bruno Corbi, nato nel 1914 da genitori appartenenti alla piccola borghesia locale scomparsi, insieme ad altri numerosi figli tutti piccolissimi, nel disastro del 13 gennaio: sarà deputato dell’Assemblea costituente. Antifascista, condannato a morte dai tedeschi, si salverà rocambolescamente e sarà grande dirigente del Pci. Giornalista, fondatore del quotidiano La Repubblica. Tra i sopravvissuti della famiglia Corbi devono essere annoverati generali dell’Esercito, affermati chirurghi e notissimi giornalisti tra i quali Gianni Corbi, già direttore del settimanale L’Espresso.
Cesidio Lolli, giornalista, vice direttore dell’Osservatore Romano, apprezzato “servitore” di cinque pontefici. E, ancora, Camillo Corradini, direttore generale della Pubblica istruzione, promotore della Legge Daneo-Credaro che, nel 1911, trasformò in statale la scuola elementare fino ad allora gestita dai Comuni. Deputato al Parlamento nazionale, uomo di fiducia di Giovanni Giolitti, sottosegretario al ministero degli Affari interni nel turbolento periodo antecedente il fascismo: tanto si prodigò per la ricostruzione post terremoto. Tanti altri personaggi meriterebbero di essere menzionati, tra i quali Loreto Orlandi, ingegnere, dirigente dell’Ufficio tecnico comunale, storico, archeologo, autore di numerosi libri. È da tempo iniziato il XXI Secolo e sarebbe anacronistico parlare ora di “notabilato”. Il ricordo di famiglie scomparse, che hanno segnato la storia della nostra città, va purtroppo affievolendosi con l’inesorabile trascorrere del tempo: compito degli storici, degli educatori e dei pubblici amministratori è quello di evitare che tutto sia inesorabilmente ammantato dal velo dell’oblio.
(* storico)
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