Morte sospetta dopo il ricovero, indagati quattro medici dell'ospedale di Avezzano

Denuncia della figlia del 69enne, ipotizzati ritardi nel diagnosticare la salmonella e si chiede chiarezza sulla rovinosa caduta nel bagno del reparto: "Nascosta dagli infermieri"

AVEZZANO. Quattro informazioni di garanzia in cui si ipotizza il reato di omicidio colposo, in concorso, sono state recapitate ad altrettanti medici dell’ospedale di Avezzano. L’inchiesta della Procura riguarda la morte di Remo Di Carlo, ex dipendente del Comune di Avezzano, avvenuta il 19 ottobre scorso, all’età di 69 anni. L’uomo da dieci giorni era ricoverato in ospedale. Ieri mattina i carabinieri della stazione di Avezzano, guidati dal luogotenente Bruno Tarantini, hanno sequestrato le cartelle cliniche.

GLI INDAGATI. Per il presunto caso di malasanità sono indagati Leonardo Scoccia di Avezzano, Giuseppe Carducci di Tornimparte, Derna Stifini di Tricase (Lecce) e Rocco Pietroiusti di Avezzano. Domani il pm Guido Cocco darà l’incarico ufficiale all’anatomopatologo Cristian D’Ovidio per la perizia che dovrà accertare le cause della morte. Nell’esposto, presentato alla Procura dalla figlia dell’ex dipende comunale, Lidia, si chiede di chiarire perché al genitore solo dopo 8 giorni dal ricovero è stata riscontrata la presenza di batteri (escherichia coli e salmonella), ma soprattutto si chiede di verificare anche per quale motivo «per ragioni inspiegabili è stata taciuta dal personale infermieristico la circostanza della rovinosa caduta di mio padre avvenuta nel bagno dove era stato accompagnato, alle 3 di notte, da un’infermiera, battendo la testa, perdendo i sensi e riportando escoriazioni nella parte cranica frontale».

LA DENUNCIA. Nell’esposto Lidia Di Carlo ricostruisce la vicenda partendo dal 5 di ottobre, quando il genitore era uscito di casa per effettuare il solito giro in bici con alcuni amici, come faceva sempre, soprattutto dopo essere andato in pensione. Al suo rientro, avvenuto poco prima del pranzo, lamentava dolori gastrointestinali. Il 7 ottobre, per il persistere dei problemi di salute, l’uomo si è rivolto al medico di famiglia che, dopo la visita a domicilio, ha diagnosticato una gastroenterite. Il 9 ottobre, di fronte a un peggioramento delle sue condizioni, è stato portato al pronto soccorso dell’ospedale. Quindi ricoverato in Geriatria. I medici gli riscontrano una insufficienza renale. Le condizioni sembrano migliorare, ma per un gonfiore sospetto all’addome si procede con una consulenza chirurgica. La mattina del 12 ottobre, persistendo il blocco intestinale, l’uomo viene trasferito in chirurgia per essere sottoposto a intervento chirurgico, che viene eseguito lo stesso giorno. Le sue condizioni, tuttavia, sono rimaste stazionarie fino al 18 di ottobre.

LA SALMONELLA. «Parlando con un chirurgo del reparto», evidenzia nell’esposto Lidia Di Carlo, assistita dall’avvocato Crescenzo Presutti, «mi rappresenta che dal punto di vista chirurgico la situazione era a posto, che l’intervento era perfettamente riuscito, ma mi informa circa gli esiti delle analisi, le quali hanno evidenziato la presenza di alcuni batteri, tra cui salmonella ed escherichia coli. Mi informa anche che è stata chiesta una consulenza infettivologica e mi avvisa che mio padre sta per essere trasferito nel reparto di malattie infettive». La giovane nell’esposto racconta che solo dietro le sue «rimostranze le infermiere provvedevano a richiedere il trasferimento del paziente». Il 19 ottobre i carabinieri della stazione di Avezzano si presentano nell’abitazione della moglie di Di Carlo pregandola di andare urgentemente in ospedale. Mamma e figlia si precipitano, ma quando arrivano Di Carlo è già morto. Per crisi respiratoria.

LA CADUTA. «Un paziente ricoverato nella stessa stanza», sottolinea ancora la figlia, «ci ha riferito di aver sentito dire che mio padre era svenuto in bagno e che poi, in camera, i medici e le infermiere avevano cercato di rianimarlo». Solo dopo la cerimonia funebre i familiari apprendono dal medico, di turno al momento del decesso, che Di Carlo, accompagnato da un’infermiera, era caduto in bagno, battendo la testa e perdendo i sensi. Si cerca anche un posto nel reparto di Rianimazione ma non c’è: si prova all’ospedale di Sulmona ma è tardi.

IL RICORDO. «Non avrei mai immaginato che mio padre potesse morire in questo modo», dichiara Lidia Di Carlo. «Era uno sportivo con un fisico forte. Era stato addirittura selezionato per le Olimpiadi di Messico ‘68 per il ciclismo su pista, categoria dilettanti. Non vi aveva potuto partecipare per una grave malattia di mio nonno».

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