Morto nel giorno del compleanno

La piccola comunità di Ortolano piange Enrico, “sindaco” della frazione Nipoti e paesani guidano i soccorsi al disperso. Il dolore del fratello

L’AQUILA. Zio Richetto, il “sindaco” di Ortolano, se n’è andato proprio nel giorno del compleanno. Il maledetto disegno del destino ha interrotto la sua vita tra quelle montagne che ha tanto amato. Enrico De Dominicis, 73 anni, l’hanno trovato a un metro dalla porta di casa. Da dove lo aveva tirato fuori la neve. E il terremoto. Non ce l’ha fatta a varcarla. Il rammarico del fratello Giocondo, nato il giorno dopo di lui, è quello di non essere riuscito ad aprire la porta, «perché quella maledetta valanga me l’ha richiusa. Davanti c’era un muro: una cosa mai vista». Lo cercavano da mercoledì mattina, ma l’hanno ritrovato soltanto ieri. Soccorso alpino, finanzieri e vigili del fuoco sono stati guidati dai parenti del disperso che fin dall’inizio hanno gridato – senza essere ascoltati – che non si poteva, no, lasciare lo zio sotto quella massa di neve, alberi e sassi. Non si poteva lasciare chiusa una strada statale per tutte quelle ore. «Dove stavano le turbine? Dove stava l’Anas? Una cosa mai vista», ripetono i compaesani come un mantra. Hanno provato a tirarlo fuori loro, familiari e amici. Ma invano. E da ieri quella comunità di 23 persone è ancora più piccola.

PALA E CAPPELLO. Daniele Migliozzi si è congelato le mani. «Ho trovato la sua pala e il cappello», racconta Daniele. «Ho scavato per tre ore a mani nude. Ho provato a infilare il manico della pala, non ho trovato niente. Noi abbiamo fatto di tutto per trovarlo, il possibile, l’ho detto pure ai nipoti. Ho abbracciato il fratello e gliel’ho detto, non ci sono riuscito fisicamente, non ce la facevo più, la bufera non ti lasciava respirare. Enrico ce l’ho nel cuore: la persona più brava e più buona di Ortolano, disponibile con tutti. Ci mancherà».

CHI ERA. «Era l’amico di tutti», dicono di Enrico i compaesani. Anche chi risiede all’Aquila viene a dare conforto al fratello Giocondo – che di anni ne ha 78 appena compiuti – che è stato tanti anni in Germania e poi ha scelto di tornarsene in paese. Da casa sua è dovuto scappare da un balcone, lasciando accese la stufa elettrica e la tv. Ora, sfollato all’hotel Azzurro non si sa per quanto tempo ancora, riaccende il suo telefonino spento da tre giorni e riceve centinaia di telefonate e messaggi. «Ha lavorato 35 anni all’Enel» seguendo la centrale di Provvidenza. «Era molto generoso», ricorda. «Portava i giovani al mare, creava mille occasioni per farli divertire. Una volta infilò sette persone in una 500 e via di corsa verso la costa». Uno di questi ragazzi, oggi diventato grande, dice: «Pagava sempre lui, non ti faceva cacciare una lira». Un’altra volta organizzò una squadra di calcio. «Lo faceva perché amava il suo paese». In tanti, poi, lo ricordano in prima fila in ogni iniziativa, dalla festa della Madonna degli Angeli la prima domenica di agosto «quando il paese era tutto un incanto» alle partite della Nazionale viste tutti insieme al bar.

L’ULTIMO VIAGGIO. Ora il pensiero di Giocondo è solo quello di riportare l’amato fratello a riposare nel minuscolo cimitero di Ortolano, nella cappellina di famiglia. «Ma quando si scioglierà tutta quella neve?». Una domanda destinata a restare senza risposta. E non è la sola. Anche per questo, in hotel arrivano tre psicologhe dell’associazione “180 amici”. Tra i forzati dell’albergo a gennaio ci sono anche dei bambini. «Chiamateci per qualsiasi cosa», dicono ai più piccoli, «anche per una partita a pallone». Diego, intanto, aspetta di tornare a scuola, alla media di Nerito di Crognaleto. «Sì, quando si scioglie la neve...».

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