Nel centro di San Benedetto riemergono i resti dell'antica capitale dei Marsi

Ritrovate le tracce di un Gimnasium. Il sindaco Di Cesare: "Ritrovamento eccezionale"

SAN BENEDETTO. L'appuntamento col sindaco, Paolo Di Cesare, è per le 15 in Comune. Ci attende nella piazza antistante. Prima di salire le scale del Municipio, per parlare delle condizioni sociali ed economiche di San Benedetto, l'antica Marruvium, capitale del popolo marso, Di Cesare ci porta in via Pagliarelli.

Qui, da qualche giorno, è stata fatta una scoperta sensazionale. Mentre la Soprintendenza stava eseguendo dei saggi esplorativi su un'area, in pieno centro, sono affiorati colonne in pietra, mosaici, muri in pietra e in mattoni che, per l'estensione, fanno ipotizzare l'esistenza di un Gimnasium, più che di una domus. Sarebbe il primo venuto alla luce in Abruzzo.

L'area, sottoposta a vincolo, è di proprietà di Laura Tarquini, moglie dell'assessore Fabrizio Epifanio, e occupa una superficie di oltre 3.500 metri quadrati. Il timore del sindaco è che la Soprintendenza, per mancanza di fondi, non possa proseguire gli scavi.

«Non mi darò pace», promette Di Cesare, «finché il ministero per i Beni culturali non tirerà fuori i soldi per finanziare gli scavi. Se, come sembra», aggiunge, «ci troviamo in presenza di un Gimnasium, la scoperta, dal punto di vista archeologico e storico, avrebbe un'importanza straordinaria».

Il Gimnasium, presso i romani, era il luogo dove i giovani si addestravano agli esercizi atletici, ma anche dove ci si incontrava per discutere di filosofia.

Conoscendo Di Cesare, c'è da giurare che farà il diavolo a quattro per ottenere i finanziamenti. Dieci anni fa, dopo la scoperta, sotto la piazza, di una splendida domus da parte della Soprintendenza, sfidando l'ira dei suoi concittadini, ha fatto chiudere Corso Vittorio Veneto, la principale strada del paese.

«Abbiamo il dovere di salvare e valorizzare il patrimonio archeologico», sentenzia Di Cesare, «perché, oltre a rappresentare la nostra memoria storica, è l'unica ricchezza che possiamo lasciare ai nostri figli».

Paolo Di Cesare, 57 anni, avvocato, è al terzo mandato, a capo di una lista civica. È stato sindaco per due legislature consecutive, dal 1995 al 2003.

Nel 2008 si è ricandidato, vincendo per tre voti. Il candidato sindaco della lista arrivata seconda, Marco Passante, ha presentato ricorso, che è stato accolto. Poiché dal riconteggio delle schede, Di Cesare e Passante sono risultati alla pari, si è reso necessario tra i due il ballottaggio, che si è svolto il 30 marzo 2010, dopo un anno e mezzo di commissariamento del Comune.

Di Cesare ha vinto con 180 voti di scarto.

Appena si è insediato, ha individuato nella raccolta dei rifiuti il settore in cui l'abbattimento dei costi avrebbe potuto compensare i tagli statali, garantendo così i servizi ai cittadini.

«Per la raccolta e il trasporto dei rifiuti da parte dell'Aciam», spiega il sindaco Di Cesare, «ogni anno si spendevano circa 150mila euro. Il Comune ha deciso allora di gestire il servizio con mezzi e personale propri, risparmiando dai dieci ai 15mila euro mese».

Con il supporto tecnico della Segen, società alla quale da luglio i rifiuti di San Benedetto vengono conferiti, al posto dell'Aciam, il Comune intende gestire direttamente anche la raccolta porta a porta. Il principale obiettivo dell'amministrazione rimane la realizzazione di una discarica consortile in località "Sbirro morto", nel comune di San Benedetto. Il progetto, presentato nel 2003 alla Regione da San Benedetto, Pescina e Ortona dei Marsi, inizialmente ebbe l'approvazione e i lavori furono appaltati a una società di Avezzano.

Ma non se ne fece nulla. Rieletto sindaco, Di Cesare è ripartito alla carica. Nella speranza che le recenti riserve di natura ambientale poste dalla Regione possano essere superate. La discarica accoglierebbe circa 26mila metri cubi di rifiuti. E potrebbe essere utilizzata, in caso di emergenza, da tutti i comuni della Marsica.

San Benedetto è un grosso centro agricolo. Le aziende agro-pastorali sono quasi trecento.

La manodopera è costituita principalmente da immigrati. La maggior parte proviene dal Nord Africa. Verso i cittadini stranieri il paese è stato sempre ospitale e tollerante. Questo perché nel volto di quei giovani fuggiti dal loro Paese, gli abitanti di San Benedetto leggono la stessa disperazione dei loro padri. La quasi totalità della popolazione della cittadina marsicana, infatti, discende da immigrati, arrivati dopo il prosciugamento del lago e dopo il terremoto del 1915. Provenivano soprattutto dalla costa abruzzese e dalle Marche.

«Qui», osserva il sindaco, «siamo tutti figli di immigrati. I miei bisnonni provenivano da Penne».

E cita un passo del diario di Francesco Ippoliti, un anarchico sanbenedettese perseguitato dai fascisti, al quale il Comune ha dedicato una strada.

«A San Benedetto», scrive Ippoliti, «dopo il terremoto, dal Pescarese, dal Teramano e dal Chietino, scende una massa di gente, spinta dalla fame».

«La stessa fame», commenta Di Cesare, «che oggi spinge masse di diseredati a lasciare l'Africa in cerca di fortuna nel nostro Paese. Come si fa a non essere solidali con questa gente? Ovviamente con chi non rispetta la legge, bisogna essere severi. Ma questo vale anche per gli italiani».

Molto attive a San Benedetto dei Marsi sono le associazioni, le quali, anche se non ricevono più contributi, a causa dei tagli, si prodigano ugualmente nell'organizzare manifestazioni culturali e sportive oppure - è il caso del Gruppo alpini - ad aiutare l'amministrazione comunale a realizzare il parco giochi della villa comunale e la rotonda in piazza don Gnocchi.

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