Nella città ferita fra dubbi e speranze

Il ritorno nel cuore del capoluogo: strade recintate, chiese e palazzi puntellati.

L’AQUILA. Entrare oggi nel centro storico dell’Aquila è come andare in un reparto di ortopedia a visitare un parente che ha avuto un grave incidente. Sei contento per lui perché è vivo e prima o poi si rimetterà. Ma lo trovi con la testa fasciata e ingessato fino ai piedi. Riesce a mala pena a salutarti e non puoi dargli nemmeno una carezza sul volto. Ieri mattina entrando su corso Federico II per arrivare in piazza Duomo ho pensato: così non vale. E’ quasi come stare allo zoo: gli animali sono dentro un recinto e tu puoi guardarli solo da fuori. Il centro storico dell’Aquila mostra ancora tutte le ferite che si sono aperte nella notte della tragedia e della paura.

Su corso Federico II, poco dopo la Standa, mi giro verso la vetrina di un negozio. C’è un cartello che dice: questo locale rimarrà chiuso il 14 aprile. Era stato messo prima del sisma immaginando un 14 aprile “normale”. Non è stato così, e quel negozio ha ancora la porta sbarrata e chissà quanto tempo passerà prima che venga di nuovo spalancata. L’enorme impalcatura montata a metà del corso è diventata oggetto di curiosità. Ha cambiato il “paesaggio” cittadino e fa vacillare alcune certezze. Mi viene in mente la scritta che si trova sul gonfalone municipale: Immota manet. Dopo il terremoto a tenere ferma la città ci hanno dovuto pensare i vigili del fuoco che hanno compiuto nel solo centro storico - fra puntellamenti, parziali demolizioni, rimozione di macerie e quant’altro - un migliaio di interventi.

Fra gli aquilani che vanno verso piazza Duomo si rincorrono esclamazioni e frasi iniziate e non finite del tipo: guarda lì che cosa... Mi saluta Luca Ricciuti il consigliere regionale del Pdl che mi dice, indicando un vicolo: lì non si passa, è tutto crollato. Come per dire che quello che si vede è poco rispetto a quello che è accaduto realmente. I “visitatori” vanno avanti fra le reti metalliche poste a circa un metro dai palazzi. Quasi tutti hanno in mano una macchinetta fotografica o utilizzano il telefono cellulare per fissare le immagini di un angolo danneggiato o di un edificio lesionato. Poi le faranno vedere agli amici e ai parenti rimasti nelle tende o negli hotel della costa.

Sotto l’enorme impalcatura è stato ricavato un passaggio strettissimo che porta al bar Rauco. Nell’altra storia era uno dei locali più frequentati soprattutto per il rito mattutino del cappuccino con cornetto o per un semplice caffé. Un paio di ragazzi lo guardano con rammarico e malinconia. Passerà del tempo ma tornerà, come tornerà anche il bar Nurzia. Il sindaco aveva annunciato che ieri mattina avrebbe preso un caffé da “Ninetto” con Gianni Letta e Guido Bertolaso. Si è scoperto che era più che altro un auspicio. Per ora. Arrivo in piazza Duomo e c’è poco da stare allegri. La piazza è agibile solo per metà.

Dietro le reti di recinzione ci sono delle enormi gru. La cupola delle Anime Sante (Santa Maria del Suffragio), crollata per gran parte, ha una protesi in acciaio che sostiene quello che è rimasto. Mi ricorda quelle protesi che vengono messe agli adolescenti per evitare che i denti crescano male. Adesso non è bella da vedere ma servirà, come se servirà. I giornalisti circondano Gianni Letta e il sindaco Cialente viene un attimo “accantonato”. Vicino a lui c’è Nello Mariani. E’ uno dei grandi vecchi della politica aquilana. Alla prima occasione utile è voluto tornare a vedere la sua città da vicino: stare lontani dall’Aquila è una sofferenza per chi l’ha amata per tutta una vita. Poco più in là incontro Mario Maccarone, titolare di un bar lungo corso Vittorio Emanuele.

E’ uno di quelli che ha L’Aquila nel sangue: protagonista dalle serate di Sant’Agnese (la festa del pettegolezzo cittadino) alle battaglie per la valorizzazione del centro storico. Oggi però c’è un problema: il centro storico prima di essere valorizzato va rianimato. Seguo per un po’ Guido Bertolaso. E’ lui oggi a capo dell’equipe di rianimatori. Per fare cento metri, dal centro della piazza all’angolo dei Portici, ci mette 10 minuti. Viene circondato da decine di persone. Tutti cercano di porre delle domande concrete: sui soldi per la ricostruzione della prima e seconda casa, sui tempi per la costruzione degli alloggi per ospitare gli sfollati prima dell’inverno e anche su casi particolari e personali. Bertolaso un pregio sicuramente ce l’ha: quello della pazienza.

Cerca di rispondere a tutti facendo buon viso anche quando qualcuno alza un po’ i toni. Parla di decreti e ordinanze. E rassicura. Una donna si mostra un po’ scettica però desiste e lo lascia andare. Bertolaso si infila lungo il corso principale per recarsi a San Bernardino. Un consigliere comunale, Francesco Valentini cerca di seguirlo e tento di entrare anch’io. Vengo bloccato. Desisto. Valentini non ci sta e ha uno scambio di opinioni con i carabinieri che lo fermano in malo modo, anche con un paio di spintoni. In questi casi la tolleranza, soprattutto nei riguardi di un consigliere comunale, sarebbe auspicabile.

Torno verso la villa comunale ma prima incontro Patrizia Tocci. Ha, davanti a sé, un cartello per chiedere che si intervenga subito nel centro storico del capoluogo prima che - fra qualche mese - pioggia, neve e gelo facciano altri danni. Patrizia Tocci è una docente e una poetessa. In passato ha descritto L’Aquila con prose e versi bellissimi. Vorrebbe rivederla com’era. E ha deciso di dare battaglia. Subito.