La frase-chiave

«Nessuna rassicurazione poteva essere considerata»

L’AQUILA. La sentenza tratta anche un importante tema, quello delle rassicurazioni, che ha tenuto banco nel processo all’ex commissione Grandi rischi. «Nessuna rassicurazione, proveniente da...

L’AQUILA. La sentenza tratta anche un importante tema, quello delle rassicurazioni, che ha tenuto banco nel processo all’ex commissione Grandi rischi. «Nessuna rassicurazione, proveniente da chicchessia, fosse anche da figure di rilievo della Protezione civile, doveva essere presa per certa in una situazione come quella che stava vivendo L’Aquila nelle ore precedenti le letali scosse sismiche della notte del 6 aprile del 2009». In sostanza, di fronte a un terremoto in corso, l’unica difesa è la prevenzione o, in caso negativo, allontanarsi e far allontanare le persone delle quali si è responsabili da edifici non antisismici. «Nella situazione data, l’allarme era tanto eloquente», scrive la Suprema Corte, replicando alle obiezioni difensive sull’inerzia di iniziative a tutela dei ragazzi dovuta alle rassicurazioni pervenute da figure di rilievo della Protezione civile, «che nessuna seria rassicurazione poteva essere data da alcuno, mancando la possibilità di compiere affidabili previsioni atte a escludere eventi del genere di quello concretizzatosi», ossia il collasso del Convitto che era pericolante. Ad avviso della Suprema Corte, il sisma «non costituisce per la sua entità, per il sito e per il momento storico nel quale si è verificato, un accadimento eccezionale, straordinario, ingovernabile e dunque, un evento di tale natura non sfuggiva all’obbligo di governo del rischio da parte dei soggetti competenti». «I terremoti, anche di rilevante intensità», prosegue la Cassazione, «non possono essere considerati accadimenti eccezionali e imprevedibili quando si verifichino in zone già qualificate come ad elevato rischio sismico, o formalmente classificate come sismiche».

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