«Non c’ero soltanto io qui è un continuo viavai»

TRIESTE. «Qui non c’ero solo io...» Don Paolo Piccoli, inizialmente uno dei due testimoni-chiave dell’omicidio di don Giuseppe Rocco, si tira fuori e fornisce una sua versione. È proprio don Paolo, veronese già in servizio all’Aquila e Pizzoli, a fornire un’altra ricostruzione. Preferirebbe restare nel silenzio, il sacerdote. «Non posso dire niente», dice affacciandosi dalla sua finestra. Poi qualcosa spiega. «Qui arriva sempre gente, infatti tengo con me un cane pastore tedesco». Che ieri non c’era, ma sulle pareti ci sono almeno due cartelli “attenti al cane”. «Quella notte e quella mattina non c’ero soltanto io qua, ne sono certo», ripete. «Però non so chi. Da queste parti c’è un centro di volontariato, la sede di Vita Nuova, Telequattro e poi qualche professore». Il sacerdote si riferisce al viavai abituale dell’ex seminario, la struttura a fianco.

Non è chiaro, a oggi, se nella Casa del clero ci fossero altre persone. Don Paolo Piccoli non lo sa. «Qui è un continuo viavai...».

Tuttavia su un particolare è preciso. Ricorda di una telefonata fatta la sera prima del delitto. «Prima di coricarmi e di prendere le medicine», afferma, «avevo sentito un vescovo delle mie parti».

Un’altra testimone, ritenuta decisiva nell’inchiesta, ha avuto addirittura minacce di morte. «La voce di un uomo al telefono mi ha detto “ti ammazzo” e poi lo ha ripetuto: “ti ammazzo”. Adesso ho paura. Chi ha ucciso monsignor Rocco potrebbe anche uccidere anche me». Le parole, pronunciate con un filo di voce, sono di Eleonora “Laura” Dibitonto, 72 anni, l’assistente volontaria del religioso strangolato nella sua stanza alla Casa del clero in via Besenghi.

Fu interrogata più volte come testimone all’epoca dei fatti, dal pm Matteo Tripani, il magistrato titolare del fascicolo.

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