«Non eravamo pronti per il jazz»

I commercianti fanno mea culpa: sottovalutata la portata dell’evento, ma siamo stati lasciati soli

L’AQUILA. «Vedo uomini che fino a ieri avevano una solida reputazione di maschio affondare la faccia nello zucchero filato come scolarette pur di mangiare qualcosa». Tra il fiume di commenti sui social network che ha accompagnato il flusso dell’hashtag #jazz4laquila si fa strada questo post a fotografare, meglio di tante immagini, le difficoltà a reperire cibo e vivande durante la maratona jazz.

Sono state lunghe e interminabili le file per mangiare nei ristoranti del centro storico. Mezz’ora di coda minima anche per un semplice panino con la porchetta: gli stand con i prodotti artigianali erano di più. Pochissimi, in ogni caso gli ambulanti, i banchi di prodotti alimentari si contavano sulle dita di una mano mentre con le birre è andata leggermente meglio. Ma il problema principale è stato dettato dal fatto che molti gestori hanno sottovalutato la portata dell’evento, non facendo scorte adeguate. Oppure, in qualche caso, scegliendo di non aprire affatto. «Noi aquilani non siamo abituati a questo tipo di eventi», ammette Alberto Capretti della Fiva Confcommercio, «e questo ha disorientato gli operatori». Dello stesso avviso il direttore dell’Ascom, Celso Cioni, il quale comunque ha voluto rimarcare il fatto che vari gestori erano rimasti scottati per come sono andate le cose nei giorni dell’Adunata nazionale alpini. «In molti avevano comprato forniture importanti», ricorda, «salvo poi dover buttare parte del cibo alla luce del fatto che gli alpini sono venuti attrezzati con cucine da campo e non avevano bisogno di granché. E invece qui domenica è arrivato un fiume di gente che ha preso letteralmente d’assalto tutto quello che trovava aperto. Un’occasione persa per molti, mi auguro che il prossimo anno ci sia maggiore coinvolgimento delle associazioni di categoria al fine di mettere in campo una strategia comune a gestori ed esercenti». C’è da dire che gli alpini quello che non hanno mangiato hanno bevuto.

«Hanno fatto fuori qualcosa come tremila litri di birra», rimarca Riccardo Iorio del bar del Corso. «Ricordo che c’era un gruppo che chiamavo “Sette campari”, perché per tutto il weekend dell’adunata venivano al bancone facendo sempre lo stesso ordine. Domenica abbiamo lavorato senza sosta e siamo riusciti a vendere anche le riserve delle riserve. Del resto, quando ho visto il gestore prendere una fornitura extra pensavo esagerasse. Invece, la gente era talmente tanta che alle 20.30 era tutto finito». C’è da dire che il Comune non ha mai chiamato in causa i commercianti e molti gestori, pur facendo il mea culpa si sono sentiti tagliati fuori dalla kermesse. «Mi rendo conto che avremmo fatto buoni affari», valuta Daniele Mancini, della Bottiglieria Lo Zio che pure sulla musica investe solitamente molto. «Ci siamo sentiti tagliati fuori dal circuito, non avendo ricevuto indicazioni o sostegno da parte del Comune». Mentre Luigi Romero della pizzeria Fuori orario di San Bernardino ha scelto di restare chiuso «perché qui siamo solo io e la mia compagna e abbiamo fatto gli straordinari in tutto il periodo della Perdonanza. Oltretutto, noi puntiamo sulla qualità che, giocoforza, con l’afflusso di gente, è difficile da garantire».

Fabio Iuliano

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